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Partenza: strada per Vegni (mt. 989)
Arrivo: Chiapparo (mt. 937, paese abbandonato)
Lunghezza percorso (a/r): 4,39 km
Tempo di percorrenza (a/r): 1 h 15 min. circa
Dislivello complessivo: 117,88 mt.
Segnavia: non presente
Mancava solo lui.
Solo Chiapparo mi era rimasto da visitare, per completare un percorso iniziato nell'estate del 2012 con i Villaggi di Pietra e che, casualmente, termina oggi qui, sul versante opposto della montagna rispetto alla Valle dei Campassi, con il medesimo punto di partenza: Vegni.
Ho saputo dell'esistenza di Chiapparo da internet, visitando i forum di escursionismo ma non ho quasi mai trovato immagini delle sue abitazioni. Devo ammettere, però, che più di una volta, salendo in macchina in direzione di Carrega Ligure, avevo visto alla mia destra un tetto rosso spuntare in mezzo alla vegetazione, isolato. Pensavo fosse una cascina, una vecchia capanna. Non credevo assolutamente che fosse una delle case che componevano il paese fantasma che ho visitato oggi.
Il sentiero che conduce a Chiapparo parte dalla strada che porta a Vegni. Quindi si risale la Val Borbera, si devia sulla destra per Carrega Ligure e superato il ponte sul torrente Careghino, si scende a destra per poi attraversare nuovamente il torrente ed immediatamente risalire sulla stretta e ripida stradina che conduce a Vegni. Quando, dopo l'ennesimo tornante, compare finalmente di fronte a me il paese di Vegni, percorro ancora poche decine di metri e parcheggio l'auto, in prossimità di una sterrata che sale sulla sinistra, ai lati della quale si trovano due paletti rossi che sembrano quelli di un vecchio cancello che chiudeva la strada.
Da qui, si scorgono anche le ultime case del paese di Agneto, questa mattina lievemente illuminato dal sole, mentre su di me il cielo è minaccioso, quasi grigio.
La strada, pianeggiante, va in direzione opposta rispetto al paese di Vegni e dopo pochi minuti che la percorro, voltandomi, posso vedere alle mie spalle entrambi i nuclei di abitazioni che compongono Vegni, proprio mentre il campanile suona le undici. Proseguo sulla sterrata, che svolta leggermente a destra aggirando il versante del Monte Carmetto, mentre il silenzio della mattina è rotto soltanto dal rumore di una motosega: poco distante, qualcuno sta facendo legna. Un po' di pozzanghere mi ricordano che qualche giorno fa è piovuto parecchio, da queste parti e il mio cammino è accompagnato da tante farfalle che sembrano quasi volermi condurre sul sentiero fino alla mia destinazione.
Tra i rami degli alberi si intravede un paesino, con la chiesa in cima: ci metto un po' a capire che si tratta di Cartasegna, il paesino nascosto sotto al passo del Legnà e al Poggio Rondino. Il sentiero, aggirato il versante della montagna, sale leggermente per poi ridiscendere in maniera più decisa: se guardo di fronte a me, vedo la cima del monte Carmo e in alcuni punti in cui la vegetazione è meno fitta, posso distinguere chiaramente i paesi di Connio e Carrega Ligure, che sono praticamente attaccati e da qui sembrano lo stesso paese, e poco più in là le poche case di Fontanachiusa.
Dopo un'altra piccola discesa, con il sentiero contorniato da grandi grotte, intervallate da ripidi rii, iniziano a comparire alcuni esemplari di castagni, che preannunciano l'arrivo al paese abbandonato di Chiapparo: dopo una curva della sterrata, compare sullo sfondo la sagoma di una casa in pietra. Non è affatto stata lunga venire fino a qui: ho con me l'applicazione con il gps che misura la distanza, ma ad occhio direi non più di un chilometro e mezzo. La cosa paradossale è che camminerò tanto all'interno del paese.
Avvicinandomi, mi imbatto in un vecchio pozzo in sasso, con accanto una vasca per la raccolta dell'acqua ormai ricoperta quasi per intero di muschio; poco più avanti un altro pozzo. Giunto in prossimità della casa in pietra che avevo visto da lontano, la strada sale sulla destra, sopra alle case, mentre io mi addentro tra le abitazioni, scendendo a sinistra.
Chiapparo è un paese strano. Non riesco a capire quando sia stato definitivamente abbandonato, ma mi sembra che ciò sia avvenuto in tempi piuttosto recenti (non troppo però: non c'è una strada asfaltata che lo collega a Vegni). Fine anni sessanta, direi, forse primi anni settanta. Le piante e le erbacce non hanno ancora invaso le abitazioni fino a riconquistarle e il paese, forse anche per il fatto che gran parte delle case sono rimaste in piedi, ha un aspetto più "ordinato". Sembra quasi che qualcuno se ne sia andato da poco.
Questa sensazione si ha sicuramente guardando la prima casa che si incontra, ristrutturata, con il tetto nuovo, le finestre con le tendine e una bella porta in legno. Sembra quasi un rifugio, o un bivacco come quello di Rivarossa. Davanti, tanti tavoli in legno con le panche, come se qui fosse usanza venire a fare qualche mangiata tutti insieme. Non so perché, ma non mi metto a vedere se la porta è aperta e se effettivamente si tratta di un rifugio. Magari è solo una casa restaurata, chi lo sa. Di fronte a questa casa restaurata, tre case attaccate, due in pietra e una intonacata. Le case in pietra, caratteristica di questo paesino, sono ricche di piccoli archetti, molto caratteristici, sulle porte e sulle finestre. Le finestrelle hanno le grate in legno e le porte, in legno, sono legate con un cordino che le tiene chiuse, quasi come se i padroni dovessero ritornare da un momento all'altro.
Scatto qualche foto all'interno delle finestre e vedo che qui, pur essendo rimasti in piedi i muri, i soffitti sono già crollati e le travi sono ammucchiate all'interno, tra le erbacce. La casa intonacata, ha le persiane verdi e sembra più recente, ma la porta in legno tradisce la sua vera età di costruzione. Di fronte, una vecchia casa che avevo visto in foto quando mi ero informato sul paesino su internet: la riconosco dall'affresco dei Santi Pietro e Rocco disegnato sul muro, sull'angolo destro della casa, in cima alla scala. Si dice che questo fosse un luogo di passaggio per i viandanti, ai tempi e che qui si fermassero a pregare.
La casa affrescata, al piano terreno ha una porticina in legno con il numero civico 8 pitturato sopra e un'altra porta in legno è appoggiata al muro, poco più in là. Al piano superiore, un balcone in legno estremamente pericolante, ha una ringhiera arrugginita che sembra tenuta in piedi da un filo legato all'albero di fronte. Quando salgo le scale in pietra per fotografare l'affresco, ne approfitto per scattare due foto all'interno della porta che dà sul balcone, ma senza mettere i piedi sulle assi in legno, certo come sono che non potrebbero mai reggere il mio dolce peso. Scatto qualche foto della "piazzetta" del paese da questa angolazione, poi ridiscendo e passo davanti a un bel portico con un passaggio, che evito, per dirigermi - invece - in discesa in mezzo a due case, tra le ortiche. Qui, su un muretto, ci sono due vecchie forchette arrugginite, alle quali scatto una foto. Chissà da quanto tempo sono qui.
Sceso tra la casa con il dipinto - all'interno della quale si distinguono ancora una scala in legno e un vecchio comodino - e una grande casa con il tetto rosso (la casa che si vede da Carrega, ndr), arrivo in un punto panoramico da cui si gode di una bella vista dei paesi di Carrega - con il Carmo alle spalle - di Connio e di Fontanachiusa. La casa dal tetto rosso è ancora interamente in piedi, ha le grate alle finestre dei piani inferiori e ai piani superiori le persiane in parte spaccate. Ci sono due balconi: quello al piano superiore, piccolo, e quello al piano inferiore, più ampio, con una ringhiera tutta arrugginita; al piano inferiore, probabilmente una cantina, o una stalla, con un portone verde. Aggiro la casa per proseguire sull'altro lato, dove salgo per un sentierino che passa in mezzo a una casa totalmente crollata su sé stessa e a un'altra senza tetto, molto vecchia. I ruderi sono crollati un po' ovunque e occupano in parte il sentiero, ma mi fermo proprio qui, sopra a questo mucchio di pietre e tegole, a scattare qualche foto di una porticina aperta e dell'interno di una stalla, ancora visibili.
Mentre sono intento a scattare foto, sento come un rumore d'acqua provenire da poco più in là: potrebbe esserci una fontana? Mi basta salire di pochi passi per sentire il rumore dell'acqua sempre più forte e per vedere, finalmente, davanti a me, un antico lavatoio, sul quale è stata posizionata una statua della madonna con il bambino e, poco sotto, è stata pitturata una data: 1953.
Da questo lavatoio, spostandosi di pochi passi verso le altre case, si arriva ad incrociare la sterrata che sale - e che prima avevo abbandonato - in direzione del paese di Magioncalda. Qui si trova una grande abitazione, molto particolare: il piano superiore è in parte crollato - in particolare il tetto - e ospita un grande terrazzo con una bella ringhiera ormai purtroppo tutta arrugginita; al piano inferiore si trovano due particolarissimi archi in pietra, dietro ai quali si possono vedere una porta aperta e la sagoma di una finestra. Sul lato degli archi, leggermente più in alto, si scorge ancora sul muro quel che rimane di un dipinto della Madonna con il bambino in braccio. Credo che questa casa, ai tempi in cui il paese era abitato, fosse davvero bellissima.
Scendendo tra i ruderi in direzione dell'ingresso nel paese, la stradina passa sopra alle case che avevo potuto ammirare all'inizio del mio viaggio tra i vicoli di Chiapparo, permettendomi ora di vederle dall'alto, attraverso le finestre senza vetri e i tetti crollati. Ritorno in breve in prossimità della prima casa del paese, ma non è finita: basta foto, voglio fare un video che vada a testimoniare quanto questo paesino abbandonato sia caratteristico e così riparto - videocamera alla mano - per ripetere il mio tour tra le case crollate.
Al mio ritorno, con il video registrato, mi incammino per la strada che porta a Vegni, voltandomi per un'ultima volta a guardare le case di Chiapparo, che si allontanano sempre di più ad ogni passo.
Bel paesino, mi è piaciuto davvero tanto e l'ho ripetuto non so quante volte a tutte le persone con cui ho avuto modo di parlare della mia escursione. Certo, camminata poco impegnativa, ma a Chiapparo ho trovato una realtà totalmente inaspettata: mi immaginavo due o tre case, magari tutte crollate, invece ho trovato un borgo fantasma tra i più caratteristici della zona.
Anzi, a dire il vero mi spiace che sia già finita questa mia avventura attraverso i paesi abbandonati dell'appennino delle quattro province, proprio adesso che iniziavo a prenderci gusto! Vorrà dire che ne cercherò degli altri....
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