lunedì 16 settembre 2013

La Croce degli Alpini: da Pertuso a Roccaforte


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Partenza: Pertuso (Al)
Arrivo: Roccaforte Ligure (Al)
Tappe intermedie: Croce degli Alpini (mt. 830), Costone La Ripa (mt. 860), Selletta M.te Cravasana (mt. 815), Monte Il Poggio (mt. 853), Sella di Avi (mt. 732)
Lunghezza del percorso: 10 km circa (Pertuso-Roccaforte); oltre 20 km (Pertuso-Roccaforte-Pertuso)
Tempo di percorrenza: 3 h. 45 min. circa (Pertuso-Roccaforte); 6h. 30 min. circa (Pertuso-Roccaforte-Pertuso)
Segnavia: bianco-rosso 260 (Sentiero "Serena e Alessandro")
Difficoltà: Escursionisti Esperti

"Pà, io mi preparo e vado a fare un giro. Vuoi venire?"
"Eh, va bene..però corto, che al pomeriggio ho da fare. Massimo alle 3 dobbiamo essere a casa".
"Allora facciamo da Vegni a Magioncalda..due ore andare, due a tornare..."
"Ma andar fino a Vegni è lunga, ci vuole un'ora. Andiamo alla Croce degli Alpini...che ad arrivare a Pertuso facciam prima..."
"Dai, va bene".
Tutto lasciava presagire una giornata tranquilla. Alla Croce degli Alpini ci volevo andare da un po', era una di quelle escursioni che mi ero messo in agenda e che prima o poi avrei fatto. Sapevo anche che non era un'escursione come le altre, come quelle che ho fatto fino ad oggi. Mi avevano parlato di un percorso attrezzato con passerelle, ponticelli e corde fisse, ma non mi ero intimorito anzi, non vedevo l'ora di farlo.
Spesso però ci si dimentica di fare i conti con le proprie paure: nel mio caso, le vertigini.
Raggiungiamo la partenza del sentiero, in Val Borbera, percorrendo la SP140 fino ad arrivare a Pertuso, nei pressi dell'imponente stele commemorativa dei combattenti partigiani. Una piccola piazzola, dove è possibile parcheggiare l'auto, ci indica la partenza del sentiero numero 260, le cui segnalazioni sono comunque ben visibili sul lato della carreggiata in direzione del fiume Borbera.
Il sentiero numero 260 è dedicato a "Serena e Alessandro", due giovani ragazzi della Val Borbera, soci del CAI di Novi Ligure, scomparsi nel 2003 durante una spedizione al Monte Rosa colpiti da un fulmine in quota: il loro nome è ricordato all'inizio del sentiero e lo ritroveremo anche più avanti. All'imbocco del sentiero ci viene anche ricordato che si tratta di un percorso per "Escursionisti Esperti" (difficoltà EE, come ho ricordato all'inizio della scheda) e che "è consigliabile l'uso del casco-imbragatura e del cordino-moschettone": questi consigli precauzionali mi fanno un attimo irrigidire, ma sapendo che questo percorso l'hanno fatto in molti senza tutte queste precauzioni, mi sento di ringraziare per il consiglio ma proseguo così come sono, con le mie racchette.
"Croce degli Alpini 2 ore" leggiamo. "Beh, coi tempi ci stiamo dentro!"
Scendiamo su di una sterrata verso il letto del Borbera, proprio all'imbocco delle famose "Strette di Pertuso", dove un bel ponticello ci aspetta per accompagnarci sulla sponda opposta del fiume e sul versante opposto della montagna. Siamo nel regno delle puddinghe, le formazioni rocciose tipiche di questa zona e tra le quali il fiume si è scavato un letto sul quale ridiscendere: è uno spettacolo guardare, da qui in basso, il sole che si rilfette nelle acque del Borbera illuminando di riflesso tutte le rocce circostanti.
Superato il ponte, subito un tratto attrezzato con passerella in legno e corda fissa, che si supera abbastanza agevolmente, per poi iniziare a salire sulla montagna all'interno di un bosco di roveri in una salita molto ripida. Voltandosi alle spalle, ecco la strada provinciale che risale la Val Borbera, mentre ancora più in alto si inizia ad intravedere in lontananza, baciata dal sole, la Madonnina di Rivarossa.
Il sole picchia forte tra gli alberi e dalla posizione che abbiamo raggiunto, riusciamo ora a vedere anche Pertuso e Vigoponzo: poco più avanti, ecco un altro tratto attrezzato con le corde per superare un passaggio leggermente esposto sulla roccia. Ecco che qui si manifestano i primi seri problemi di vertigini del sottoscritto: sotto di me, gli alberi si sono diradati fino a scomparire e vedo un discreto strapiombo sotto ai miei piedi. Il passaggio, diciamocelo, non è assolutamente complicato, ma le vertigini ti irrigidiscono le gambe e ti bloccano. Peggio: non è che ti bloccano le gambe all'inizio, ma ti fanno partire convinto di potercela fare, per poi bloccarti a metà. Rimango così bloccato sulla roccia, con la corda in mano e le gambe che tremano, come un cretino. Un respiro forte, poi le gambe si schiodano e finalmente trovo il coraggio di ripartire.
Il tratto attrezzato prosegue anche in salita, ma diciamocelo, salire attaccato alla corda guardando verso l'alto non è un problema. Il problema è guardare in basso, tanto che già qui inizio a manifestare i primi dubbi sul ritorno su questo stesso sentiero: "io non ce la posso fare!!".
Superare questo tratto ci ha permesso di raggiungere il lato della Val Borbera che guarda verso Pertuso, Costa Merlassino, e Vigoponzo. Vediamo bene anche il Giarolo con le sue antenne. Il paesaggio è strano, molto diverso da quello che normalmente sono abituato a vedere, tanto che faccio quasi fatica a descriverlo. In alcuni brevi tratti, il sentiero si immerge nel bosco di roveri dando quasi l'impressione che sia una normalissima escursione di quelle che ho fatto mille volte, poi di colpo gli alberi finiscono e ci ritroviamo a camminare sulla roccia, con il vuoto attorno a noi: la strada provinciale della Val Borbera diventa sempre più piccola e lontana, mentre a mano a mano che procediamo, vediamo avvicinarsi la Madonnina di Rivarossa. Tra poco, saremo alla sua stessa quota.
Eh sì, perché la costante di questo sentiero è la salita, che ci farà passare dai circa 500 metri di altitudine della partenza - scesi ulteriormente con il passaggio sul fiume - agli 830 della cima che raggiungeremo oggi. Salita lenta, ma ripida, che ci offre spesso alcuni passaggi su angoli di roccia che aprono davanti ai nostri occhi un panorama meraviglioso. Ecco infatti comparire davanti a noi il torrente Besante, poi Cantalupo Ligure. Alle spalle di Cantalupo, la catena del Giarolo, con il Gropà, il Panà, il Cosfrone e l'Ebro. A mezza costa, sotto a queste montagne, ecco Vendersi, Volpara, Figino e Pobbio.
Finalmente compare anche il Borbera, un lungo serpente d'acqua che si snoda all'interno del suo ampio letto. E' una giornata meravigliosa e il sole forte riflette nell'acqua facendola brillare, sotto a un cielo che più azzurro non si può. Avrò anche le gambe rigide dalle vertigini, ma almeno - penso - "farò delle belle foto!"!
Il sentiero abbandona l'altro lato della montagna per dividersi tra il crinale e il versante sopra a Cantalupo: pensavo fossero finite le corde, ma ogni tanto ricompaiono, risvegliando in me la convinzione che stia per arrivare un tratto pericoloso. Niente di che, va detto, supero senza problemi i tratti attrezzati, mentre inizio a pensare a soluzioni alternative per il ritorno, che non sarà di certo su questo sentiero, perché gli stessi tratti in discesa non riuscirei mai a percorrerli. Ne sono certo!
Dopo un ultimo tratto attrezzato che, con l'aiuto delle corde, ci fa risalire una parete rocciosa con un paio di tornantelli, eccoci finalmente sul crinale, dove restiamo per un attimo a goderci questa vista meravigliosa, prima di ripartire sul sentiero che ora dà sul lato opposto, visto che alcuni alberi ci ostruiscono la vista della Val Borbera. Ecco allora Rivarossa, il paese fantasma del quale possiamo ora vedere - oltre alla chiesetta - anche alcune delle case diroccate e il bivacco, ed ecco anche Borghetto Borbera, adagiato sul lato destro del torrente, in lontananza. Alla nostra destra, l'imponente e selvaggia Valle di Avi, uno degli altri paesi abbandonati che avevo visitato nelle mie escursioni.
Di fronte a noi, il sentiero pare scendere ora, alla volta di una montagna ricca di vegetazione, proprio mentre si apre nuovamente un fantastico panorama su tutta la Val Borbera: ecco ora, accanto a Cantalupo, anche Rocchetta Ligure, posto proprio dove la valle si biforca ed inizia la Val Sisola. Più su si vede anche Albera e, addirittura, Cabella. Sullo sfondo, incorniciato dalle montagne, è il Carmo a farla da padrone, con la sua forma piramidale.
In alcuni punti, il sentiero - facendosi largo tra le piante di timo - corre sul filo del dirupo e non so dove trovo la forza di fermarmi a fotografare guardando verso il basso, con il vuoto poco sotto di me. Vi posso assicurare che mi si irrigidiscono le gambe ancora ora al solo pensiero. Sul momento, però, ho retto bene la tensione. Siamo comunque entrambi concordi, ora più che mai, che non torneremo più su questo sentiero: due persone che soffrono le vertigini, impiegherebbero tutta la giornata per ridiscendere a Pertuso e così, mentre camminiamo, studiamo soluzioni alternative.
"Io non ci scendo da di lì!"
"No no, neanch'io!"
"Non che sia impossibile eh. Però ci sono quei 5-6 punti dove io a scendere verso il basso non ce la faccio e mi si bloccano le gambe. E mi gira la testa!"
"A me la testa gira anche qui sul crinale!"
"Andiamo bene...senti...arriviamo alla Croce degli Alpini...poi proseguiamo fino a Roccaforte! L'altra volta quando sono andato ad Avi, proseguendo sul sentiero sarei arrrivato fino alla Croce degli Alpini..quindi..."
"Ma quanto ci vuole fino a Roccaforte?"
"Altre due ore!"
"Ma abbiamo la macchina a Pertuso!!"
"Eh lo so. Ma io di lì non ci torno. Mi spiace che volevi tornare presto..."
"No no di lì non ci torno neanch'io! Vorrà dire che staremo via tutto il giorno..."
"Abbiamo qualcosa da mangiare?"
"No!"
"Abbiamo soldi per comprare da mangiare?"
"3 euro e 50!"
"Bene!"
Quando si dice partire organizzati.
Mentre parliamo, finalmente ecco comparire in lontananza una sagoma familiare, quella di una croce. E' in cima ad uno sperone roccioso, senza vegetazione attorno. Si sporge all'interno rispetto alle altre montagne e domina tutta la valle, con il paese di Rocchetta Ligure proprio ai suoi piedi. E' la Croce degli Alpini e anche se ormai dista solo poche centinaia di metri, sembra quasi impossibile da raggiungere, isolata com'è.
Mentre ci avviciniamo, scatto diverse foto della croce e del panorama circostante, è proprio bello da qui sopra. Poco dopo, il sentiero si divide: un sentiero roccioso, che sembra più battuto, sale dritto davanti a noi alla volta di una piccola cima, mentre un altro sentiero taglia la roccia sul lato ed ecco comparire anche la mia amica corda. Tra me e me penso "lo sapevo che la Croce sarebbe stata irraggiungibile!!"!
Prendiamo il sentiero dritto, quello senza corde. Si sale, fino ad arrivare sulla cima dietro alla Croce degli Alpini, che però da qui non sembra raggiungibile (ndr: lo era, poi..) così dobbiamo tornare sui nostri passi. Prima, però, mi fermo a scattare qualche foto da qui: il panorama è da lasciare senza fiato e vedere la croce sporgersi sul vuoto della valle sottostante beh, è un qualcosa di indescrivibile.
Torniamo indietro per riprendere il sentierino di lato, quello con la corda, mentre io mi prometto che cercherò di non guardare in basso alla mia sinistra. La corda, effettivamente, non serve in questo tratto perché il sentierino è largo a sufficienza. Ma con la coda dell'occhio vedo vuoto sotto di me, e i tetti delle case di Cantalupo e....bbbbrrr...basta, sono arrivato alla Croce degli Alpini (mt. 830).
Anzi, non c'è solo la croce: alla nostra destra, proprio sotto alla cima che avevamo raggiunto poco fa, un buco scavato nella roccia e all'interno una madonnina bianca. Accanto un cartello in legno: "Per non dimenticare Alessandro e Serena". Commovente, davvero carina come collocazione per una statuetta. Di fronte alla statuetta, poco più avanti, ecco la croce, in cima ad uno sperone roccioso. Anzi, qui è tutta roccia a dire la verità.
"Dai, veloce. Andiamo che soffro le vertigini!"
"Un attimo, devo fare un po' di foto! Sono venuto fin qua...non credo che ci tornerò ancora!!"
Così mi dedico per un attimo alle foto, qualche panoramica, qualche primo piano della croce, qualche autoscatto. Qualche foto me la faccio fare, ma si intuisce che il fotografo soffriva di vertigini più di me, perché le immagini sono scattate da una distanza siderale! Beh, diciamo che così sembra quasi che io sia arrivato fino a toccare la croce, cosa che invece non è accaduta perché lo strapiombo alle spalle era davvero troppo.
"Guarda, attaccato alla croce c'è anche il libro con la penna per scriv..."
"Andiamo!!!!"
Bisogna andare. E allora si va, camminando alle spalle della croce su di un grande sperone roccioso che scende fino a riportarci sul crinale. La croce è ormai alle nostre spalle, ma è fantastica anche da questa angolazione. Dà un'immagine diversa di tutto il panorama circostante.
Il crinale corre ancora sul filo del dirupo. Dirupo a destra, verso il Vallone di Avi e dirupo a sinistra, proprio sopra ai tetti di Rocchetta Ligure. A poco a poco, però, il sentiero riassume connotazioni "umane" e arriva perfino a rientrare in un altro - l'ennesimo - boschetto di roveri. Qui incontriamo una coppia di escursionisti.
"Chi viene e chi va...da dove arrivate?"
"Da Roccaforte..è lunga per la croce?"
"No ormai ci siete. Noi invece andiamo a Roccaforte!"
"Siete saliti da Pertuso? Com'è?"
"Eh insomma..il sentiero è panoramico, attrezzato con le corde..però in discesa..con le vertigini..non è il caso!"
"Anche qui, più avanti, c'è un tratto con le corde..."
"Oddio! Ancora!"
"Noi qualche tempo fa siamo saliti da Rocchetta al Costone La Ripa, che c'è il percorso attrezzato con le corde, solo che poi a un certo punto le corde finiscono e si rimane lì..."
"Per la carità..no no noi andiamo a Roccaforte!"
"Ma avete la macchina a Pertuso! Come tornate?"
"A piedi!"
Se c'era una mezza idea di scendere a Rocchetta, appena abbiam sentito parlare di corde e rocce, l'alternativa è stata scartata. Salutiamo e proseguiamo, camminando all'interno del bosco fino a giungere ad un punto in cui si intravedono le corde di cui ci avevano parlato i signori, che portano ad una piccola cima rocciosa. Fortunatamente, accanto alle corde c'è anche un altro sentiero che taglia sul fianco la piccola cima e lo prendiamo: ci porterà, dopo una piccola deviazione, nuovamente sul crinale, evitandoci il tratto attrezzato e lievemente esposto.
Eccoci sul Costone La Ripa (860 mt.), il crinale della grande montagna rocciosa posta sopra a Rocchetta Ligure e accanto alla Croce degli Alpini. Vediamo il sentiero che scende verso Rocchetta, ma facciamo furbescamente finta di niente: strada più lunga, ma più bella, please. Superato il Costone La Ripa, inizia poco alla volta a cambiare il paesaggio e nonostante un altro bel tratto su di uno stretto crinale, con belle viste sul sottostante paese di Pagliaro Inferiore (poco più avanti un bivio ci ricorderà che possiamo scendere anche alla volta di Pagliaro, ma ormai abbiamo deciso di andare fino a Roccaforte), inizia un lento ritorno alla normalità: sul crinale compare l'erba, compaiono molte piante, si entra in un bel boschetto in lieve discesa, che dal Costone mi conduce, in poco meno di mezz'ora, alla Selletta del Monte Cravasana, posta a 815 mt., dove si incontra il bivio con il sentiero numero 256 che su di una ripida discesa conduce ad Avi.
Continuiamo a camminare sul crinale, fino a che ci si para davanti un bivio: il sentiero pianeggiante invoglia a seguirlo, ma è quello in salita che è segnato. Così, per non sbagliare, iniziamo la salita, che condurrà sulla cima del Monte Il Poggio (mt. 853), altra vetta estremamente panoramica. Il sole picchia forte e sento la faccia che brucia.
Salendo al Poggio, mi volto d'istinto alle spalle e vedo, sul lato del sentiero, tra le foglie degli alberi, la facciata della grande casa di Avi, quella che un po' "identifica" il paese fantasma, poiché visibile da diversi punti. Sulla cima del Poggio il panorama è meraviglioso e ampio, da Pagliaro fino a Borassi e un ricovero in legno, leggermente sotto alla vetta, guarda la Val Sisola dominando dall'alto il paesaggio. Sull'altro lato, la selvaggia valle di Avi, senza il benché minimo segno della presenza dell'uomo. Solo il profilo della più grande casa di Avi, che compare misteriosa a intervalli regolari, tra gli alberi, nella ripida discesa dal Poggio
Siamo di fretta e non abbiamo molto tempo, così oltre a non esserci fermati un attimo sulla cima del Poggio, scendiamo piuttosto velocemente, fino a ricongiungerci con il sentiero pianeggiante che avevamo abbandonato in precedenza e giungiamo in breve alla Sella di Avi (mt. 732) dove incontriamo l'altro bivio del sentiero 256, quello che permette di raggiungere il paese abbandonato.
Qui ci ero stato pochi mesi fa, verso la fine di maggio e mentre percorriamo il sentiero del ritorno alla volta di Roccaforte, guardo il panorama come un film già visto, come se davanti agli occhi avessi ancora le montagne con un filo di neve sulla cima, esattamente come quella domenica quasi invernale di fine maggio. Il sentiero diventa largo e pur correndo sull'orlo di montagne rocciose e aspre come quelle della mattina, non fa assolutamente più paura: arrivo così, in circa mezz'ora di cammino, su di un lungo rettilineo in fondo al quale, passo dopo passo, vedo spuntare il campanile della chiesa di Roccaforte. Là in fondo, sull'Antola, un grosso nuvolone grigio ne oscura la cima.
Sono le due e un quarto del pomeriggio: poco meno di quattro ore dalla partenza e siamo nel punto più lontano dalla nostra macchina. E pensare che alle tre volevamo essere a casa!
Animo, non c'è tempo per pensare troppo. Il sentiero 260, in tutta la sua lunghezza è stato percorso, ora ci aspetta una bella tirata sull'asfalto. Chissà a che ora saremo alla macchina?!?
Scendiamo fino alla chiesa di Roccaforte, evitiamo il bivio per il Mulino del Serventino, quello per Borassi e Isola del Cantone e ci incamminiamo in discesa tra le case. Nel cortile di una casa, una tavola imbandita e alcune persone che parlano, sembrano avere appena finito un bel pranzo.
Uno di loro si affaccia alla ringhiera e con un forte accento genovese ci dice "Volete da bere??".
Ci scambiamo un'occhiata. "No, grazie, siamo di fretta. Dobbiamo andare fino a Pertuso!"
Il ragazzo torna verso gli altri seduti a tavola. "Belin, vanno fino a Pertuso!!"
Arriviamo nei pressi dell'edificio bianco che ospita il Comune di Roccaforte, sovrastato dalla grande roccia su cui si trovano i ruderi del Castello degli Spinola del X secolo: tra una bacheca in legno con l'indicazione dei sentieri e uno strano monumento ai partigiani, una bella fontana, dove - stavolta sì - ci fermiamo a riempire l'unica bottiglia che avevamo con noi. Ci rimettiamo in marcia e, passato Roccaforte, ecco Chiappella, piccola frazione dove le vecchie case in pietra sono sovrastate da uno spaventoso sperone di roccia che - penso - non mi farebbe assolutamente dormire tranquillo, nonostante la staccionata in legno costruita a metà montagna per fermare le frane. I cani abbaiano, dovunque passiamo, anche se qui molte case sono chiuse. Sulla strada passano poche auto, così ce la possiamo godere tutta, occupandone tutta la carreggiata. Superato anche il bivio per l'Adventure Park e il ponte sul torrente Sisola, ci dirigiamo dalla frazione di Sisola  sul lungo rettilineo che ci condurrà verso Rocchetta. Di fronte a noi, sopra alla sponda sinistra del torrente, Il Poggio domina la valle, ma il ricovero posto sulla cima da qui non si vede, coperto dalle poche piante presenti in vetta.
Dal ponte, vediamo un campanile in lontananza: "Guarda, Rocchetta! Non è distante...." ma ci accorgiamo, dopo circa un chilometro, che il campanile era quello di Pagliaro Superiore. Ce n'è ancora di strada, va là....
Pagliaro Superiore è un piccolo paesino che si affaccia in parte sulla strada provinciale, con tante vecchie case e, al centro, un campanile rosso che svetta sulle cascine.
Mentre camminiamo, cerco con gli occhi una costruzione strana, di quelle che mi incuriosiscono. Ho sentito parlare della "Cà d'Mestrin", una casa abbandonata costruita sulla puddinga delle montagne, ma non ho mai intuito dove fosse. So che è nella zona di Pagliaro e oggi, che sono obbligato a passarci a piedi, cercherò di individuarla. Ed effettivamente...eccola!
Tra Pagliaro Superiore e Pagliaro inferiore, guardando oltre il fiume, in un punto in cui le montagne di conglomerato si aprono per il passaggio di un rio, ecco spuntare una strana casa. Mi soffermo a guardarla: è una normalissima casa, sembra in pietra, attaccata alla quale c'è una specie di torretta, stretta e alta. E' costruita proprio sulla roccia e anzi, guardandola così dà quasi l'impressione di essere una propaggine della roccia. Che strana! Penso anche che ai tempi sarebbe potuta essere un mulino, vista la sua posizione proprio sul rio...ma chissà, potrei sbagliarmi. Mi piacerebbe visitarla, ma oggi non c'è tempo.
Poco dopo la Cà d'Mestrin, la strada curva leggermente, lasciando intravedere sullo sfondo le case in pietra di Pagliaro Inferiore, piccolo paesino simile all'altro Pagliaro, ma qui le case sembrano più nuove, soprattutto quelle vicino alla strada. Oltre la strada, il fiume e uno stendino con i panni stesi ad asciugare al sole.
Camminare con gli scarponi da trekking sull'asfalto è una pena che non merito e, dopo tutti questi chilometri, il male ai talloni inizia a farsi sentire. Quando arriviamo in vista di Rocchetta, mi volto sulla sinistra ed ecco la ripida montagna di roccia con la salita attrezzata che porta al Costone La Ripa.
"Mamma mia!!" penso. Solo questo, nient'altro. E sono contento di non esser sceso da lì.
Entriamo a Rocchetta passando sotto all'antica porta del paese. Tanta gente elegante e le campane che suonano. Da morto. Aumentiamo il passo per non finire nel bel mezzo del corteo funebre con zaino, scarponi e bastoncini.
Poco prima del ponte che ci porta a San Nazzaro, ecco alla nostra sinistra la Croce degli Alpini. Ora sì che si vede bene. Mi inorgoglisce pensare di essere stato là sopra. Non tanto per l'altitudine, quanto per l'aver superato una mia paura (in parte: se l'avessi superata del tutto sarei anche sceso...). E' una montagna non tanto alta, ma davvero spettacolare.
Passiamo il ponte sul Borbera e ci immettiamo sulla provinciale della Val Borbera, trafficatissima in questo sabato. A Cantalupo i cani ci abbaiano fino a che non usciamo dal paese, noi sfiniti trasciniamo le gambe ad ogni passo. Sfiniti per il caldo, sfiniti per gli scarponi sull'asfalto e sfiniti perché non abbiamo mangiato nemmeno un grissino da quando siamo partiti questa mattina.
Arriviamo alla stele di Pertuso che mancano dieci minuti alle cinque del pomeriggio. Ci guardiamo e ridiamo. Siamo sfiniti, ma troviamo la forza per ridere. E' il bello di queste giornate. Fatico quasi a togliere gli scarponi, ma sono certo che domattina ripartirei immediatamente.
Se vi capita, andateci alla Croce degli Alpini. E' un'escursione molto bella e in salita, anche se soffrite di vertigini, nonostane un po' di tremolio di gambe ci potete andare. Posso però darvi un consiglio?
Pensate bene a come scendere....

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1 commento:

  1. Sono la mamma di Alessandro Mennella e quasi suocera di Serena Salvucci. Quel sentiero era nel cuore dei due giovani che contribuivano anche a tenerlo agibile. Con il contributo del CAI di Novi Ligure e di numerosi privati il ponte e il sentiero sono stati portati alla situazione attuale.. sono lieta che tanti escursionisti scoprano le bellezze della valle grazie anche a loro

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