mercoledì 21 agosto 2013

Ceregate, perla silenziosa della Valle Staffora



Visualizza Cegni-Ceregate in una mappa di dimensioni maggiori

Partenza: Cegni (Pv)
Arrivo: Ceregate (Pv)
Lunghezza percorso (a/r): 8 km circa
Tempo di percorrenza (a/r): 2 h circa
Segnavia: nessuno, ma sentiero ben visibile

I paesi fantasma non si limitano a quelli che ho descritto nel mio libro "L'appennino abbandonato". Eh no, perché se in quell'occasione mi sono soffermato esclusivamente su quelli in provincia di Alessandria, va anche detto che ne esistono altri, nelle province limitrofe. Anzi, sapete che io ho il vizio di parlare di "Quattro province" perché per me - e non solo per me - queste zone, sono di fatto un'entità unica per quello che riguarda le usanze, i dialetti, il territorio, gli stili di vita e quant'altro. E allora ecco che nel territorio delle Quattro province, ma in Lombardia - in provincia di Pavia, più precisamente, in Valle Staffora - si trova un'altra perla silenziosa delle nostre montagne: il paese abbandonato di Ceregate.
E' più vicino di quanto pensassi, nascosto dietro alle montagne che posso vedere dalla finestra di casa mia, ma mai prima d'ora ne avevo sentito parlare. Forse, però, posso dire di essere in un qualche modo legato alla storia di questo piccolo borgo abbandonato, visto che parlandone con i miei genitori ho scoperto che mia madre, a Ceregate, aveva dei parenti e ha ancora un vago e sbiadito ricordo di quando, da piccola (primi anni '60), accompagnata da mia nonna con un fagottino in spalla, scavalcava le montagne a piedi per raggiungere - da Bruggi - Negruzzo e, da qui, Ceregate, per il giorno della festa.
Ora a Ceregate non c'è più nessuno: il paese è stato definitivamente abbandonato da oltre 30 anni, da quando, nel 1986, è mancato il suo ultimo abitante. Però si rianima per due volte all'anno: in occasione del Lunedì dell'Angelo e alla prima domenica di settembre, in cui si festeggia la Natività della Beata Maria Vergine, quando la parrocchia di Cegni si riunisce a Ceregate e viene celebrata una messa nella chiesetta dedicata a Maria Bambina. Ho letto da qualche parte che al termine della Messa, gli anziani che ritornano al paese mettono all'incanto i prodotti che ciascuno ha portato, nel piazzale davanti alla Chiesa.
Tornando a noi, come si raggiunge Ceregate?
Ci sono due possibilità, anzi tre. Occorre innanzi tutto portarsi in Valle Staffora, quindi risalirla da Varzi attraverso la strada provinciale che porta al valico di Capanne di Cosola (altre alternative: raggiungere il valico di Capanne dalla Val Borbera e poi ridiscendere verso la Valle Staffora, oppure dalla Val Curone raggiungere Casanova Staffora attraverso Cella di Varzi e Castellaro). Giunti a Casanova Staffora, occorre risalire verso la testata della valle ed è possibile farlo attraverso la SP48 oppure la SP90.
Dicevamo delle tre alternative: si può raggiungere Ceregate da Cegni, da Negruzzo, oppure dalla sponda del fiume Staffora lungo la SP48. Io ho deciso di arrivare al borgo fantasma partendo da Cegni, bel paesino in pietra del Comune di Santa Margherita Staffora dove tutti gli anni, il 16 agosto si festeggia il "Carnevale Bianco", manifestazione tra le più caratteristiche del territorio delle Quattro Province.
Raggiunto Cegni, parcheggio l'auto nei pressi della falegnameria che si incontra sulla strada. Da qui ho una bella vista sul passo del Brallo, proprio di fronte a me e sul passo del Penice, poco più a sinistra. La vallata è ampia, ma le montagne sono ripide e aspre, quasi come nell'alta Val Borbera e nella Val Boreca, poco distante da qui. Il Monte Lesima, con la sua palla radar in cima, fa capolino dietro alle altre montagne dell'appennino, dà quasi l'idea di essere lontanissimo.
Decido di fare due passi in mezzo a Cegni, anche perché, sinceramente, non ho idea di dove sia la partenza del sentiero: ho sentito parlare soltanto di un "lavatoio in fondo al paese", per cui male che vada, chiederò a qualche paesano. Il paese è proprio bello, con i suoi vicoli, i porticati e il campanile a punta. Mentre cammino tra le case, portandomi al fondo del paese, vedo di fronte a me i borghi di Santa Margherita e Fego e proseguo in leggera salita su di una viuzza che mi porta nei pressi di una fontana, dove un signore sta riempiendo le bottiglie di acqua. "Mi scusi, per Ceregate?"
"Per Ceregate devi proseguire su questo sentiero, tra 20 metri troverai un bivio a cui devi tenere la sinistra. La strada scende fino al fiume, in un posto che chiamiamo "Lago", poi da lì risale fino al paese". Ringrazio il signore e mi incammino, curioso più che mai e in effetti, dopo poche decine di metri incontro un cartello in legno, su cui a malapena si legge "Lago h. 0.30 - Ceregate h. 1.00". Insomma, oggi la passeggiata sarà corta, ma vengo da un tour de force tale che una camminata defaticante ci sta proprio bene.
Mi incammino sulla sterrata, che scende dolcemente, almeno nella prima parte, sotto a un bel sole, invogliandomi a scattare foto panoramiche delle montagne dell'alta Valle Staffora e dei paesini che ogni tanto compaiono alla mia vista. Poco prima che la sterrata inizi a scendere più decisamente, ecco di fronte a me la linea curva del fiume Staffora che scende verso il fondo della valle, quasi incastrato tra le montagne. Poco più in alto, distinguo la strada provinciale e a mano a mano che scendo, sento sempre più forte il suono del clacson delle auto che avvisano della loro presenza dietro alle strette curve della minuscola stradina.
La sterrata si fa più ripida e mi conduce, in breve, al "Lago" o "Pian del Lago", come lo chiamano qui in Valle Staffora, dove si possono ancora trovare i ruderi di una vecchia casa della quale ormai non rimane molto e anzi, con la fitta vegetazione di questo periodo diventa quasi difficile scorgerla. Qui la stradina spiana leggermente e, dopo alcuni caratteristici muretti a secco, procede più in basso della strada provinciale fino all'intersezione con un sentiero che proviene dal letto dello Staffora. Da qui, guardando in alto sopra di me, posso vedere il versante del Monte Bagnolo oltre il quale si trova la mia valle, la Val Curone.
Ecco che ora la sterrata inizia a salire, prima dolcemente, poi sempre con maggior decisione, quasi senza dare respiro. Fortuna che è molto breve. Quando sulla strada inizia a comparire dell'erba, è sufficiente alzare lo sguardo per vedere, in lontananza, la sagoma di una casa sullo sfondo: benvenuti a Ceregate. 
Mi avvicino all'ingresso in paese, proprio mentre sotto al sentiero vedo una strana costruzione che parrebbe essere la Chiesa. La prima casa che si incontra ha i muri in pietra e sulle travi di legno del tetto sono state appoggiate delle tegole rosse. Al posto delle finestre, inferriate arrugginite, mentre la porta è aperta e all'interno vedo una brandina appoggiata a terra.
Procedo sul sentiero e mi trovo, sulla destra, un cartello in legno che mi segnala che, qualora voglia proseguire, tra un'ora ancora arriverò a Negruzzo. Io però mi fermo qui, ad ammirare il piccolo borgo abbandonato: sul sentiero un'altra casa, piuttosto grande, con tre porte in legno, quattro finestre al piano superiore e un balcone appoggiato su assi di legno. Sulla porta, il cartello di "Proprietà privata" mi ricorda che è fatto divieto di accedere: penso subito che, a differenza degli altri paesi abbandonati, qui forse qualcuno si ricorda ancora delle sue vecchie case, che sì non varranno più niente, ma a livello affettivo hanno un valore inestimabile. Mi volto a guardare le altre case del paese, che proseguono verso il basso sul fianco di un grande prato pianeggiante dove l'erba è stata appena tagliata. Da qui la vista è stupenda: il campanile di una chiesetta in lontananza, forse quella di Cencerate, spunta tra il verde - quasi oppressivo - delle montagne sul versante opposto. Le case di Ceregate saranno in tutto non più di cinque o sei, tutte in pietra, di un colore chiaro che risalta ancora di più con il cielo azzurro di questa splendida giornata estiva.
Più in basso di tutte le case, la particolare chiesetta dedicata a Maria Bambina: è strano vedere accanto a un paese composto di sole case diroccate, una chiesa così in buono stato. La facciata è ancora perfetta, sormontata da un piccolo campanile ed è preceduta da un muretto a semicerchio sul quale sembra proprio di immaginare i paesani, cento e più anni fa, seduti ad aspettare l'inizio della celebrazione della Messa. Accanto la piccola sacrestia. La porta della Chiesa è chiusa, peccato, mi sarebbe piaciuto entrare a dare uno sguardo.
Da una delle due finestrelle poste sui lati dell'ingresso, però, si può vedere l'interno perché manca il vetro oscurato che invece ho trovato dalla parte opposta: l'interno è buio, con la luce fuori non vedo molto e mi limito a scattare qualche foto. Sento però rimbombare un mio starnuto.
Torno a guardare le altre case. Le finestre non ci sono, rimane solo la sagoma. Una delle case ha una scaletta che sale e porta ad un balcone con una ringhiera in ferro e sotto alla scaletta, da una porta semiaperta, posso vedere delle cataste di assi in legno e tanto, tanto disordine. Poco distante, una porticina che sembra quella di un pozzo. Risalendo verso il sentiero, la casa accanto è l'unica ad essere un po' diversa dalle altre: non in pietra a vista, ha uno strano ma molto caratteristico balcone in cemento, che non sembra molto stabile, sul quale ormai è comparso il muschio. Al piano basso, dalla grata arrugginita di una finestra, posso vedere ancora una scala di legno, un bel caminetto in sasso e, al suo interno, un piccolo forno.
La casa di fronte, in parte è sventrata e ricoperta dalle piante che le sono cresciute attorno: vedo però, all'interno, una specie di panchina di legno, due damigiane e un mobile a ripiani perfettamente incastrato nel suo spazio. Torno nei pressi della Chiesa, mi viene in mente che non ho provato a vedere se la sacrestia è aperta: effettivamente lo è, perché qualcuno ha fatto saltare il lucchetto che teneva chiusa la porta.
Un grande mobile in legno mi si para subito davanti, di fronte una sedia di paglia e una panca di legno. Sul lato, la porta di legno che conduce all'altare. Entro in Chiesa: è curatissima al suo interno. I dipinti sacri raffigurati sui muri sembrano appena fatti e sull'altare c'è una bella tovaglia bianca che sembra appena lavata; dietro all'altare un bel coro in legno. Su di un leggìo, un foglio di carta con la prima lettura. Mi porto tra i banchi, sul fondo della Chiesa, per fotografarla nel suo insieme e mi accorgo che uno dei banchi in legno è spaccato e, poco distante, a terra, c'è un pezzo della finestra che qualcuno ha spaccato, quella attraverso la quale potevo intravedere l'interno. Immagino che questa Chiesa sia spesso preda di atti di vandalismo, data la posizione isolata e presumo che al suo interno non si tengano oggetti di valore, per evitare continue ruberie. Mi faccio il segno della croce ed esco, chiudendomi alle spalle la porticina della sacrestia.
Salgo tra le case riportandomi sul sentiero principale, mentre sento in lontananza un suono di campane che mi avvisa che è mezzogiorno e mezza. E' tempo di ripartire: Ceregate è tutto qui, una manciata di case in pietra e una bella chiesetta, su di un grande prato, poco sopra al letto dello Staffora, a circa 850 metri sul livello del mare. Una manciata di case che hanno però tanto da raccontare, come tutti i paesi fantasma che ho visitato, ognuno diverso, ognuno - a suo modo - particolare. Ognuno con una testimonianza di un passato diverso, più vivo e più felice, ognuno con una storia di abbandono da raccontare.
Sulla strada del ritorno, penso a quanto bello deve essere venire qui alla prima domenica di settembre per vedere il paese rivivere, anche se solo per qualche ora. E mentre cammino, lasciandomi alle spalle il prato con l'ultima casa di Ceregate, mi sembra quasi di sentire il suono della campana della chiesetta rimbombare tra le montagne della valle.

Photogallery






























































































1 commento:

  1. Ciao! Noi abbiamo scoperto oggi questo evocativo paese, guadando il torrente con una discreta portata d'acqua! Personalmente mi ha lasciato una sensazione di malinconia pensando alle persone che lo hanno abitato, nella semplicità e sicuramente nella difficoltà, e al fatto che ormai sembri sempre più difficile abitare le montagne!
    La cosa che mi ha colpito di più è stata una semplice dispensa fatta di assi di legno, con ancora alcune lattine di olio, e ho pensato a come fosse spartana la vita fino a pochissimi anni fa! Tornando indietro la vista di tante auto di grande cilindrata e di case molto più confortevoli mi ha fatto pensare a come sia diverso il nostro concetto di "crisi", con le cucine colme di elettrodomestici e le tavole mai spoglie.
    Saluti e buone future camminate! Claudia

    RispondiElimina