martedì 14 maggio 2013

Una giornata in Antola



Visualizza Capanne di Carrega - Monte Antola in una mappa di dimensioni maggiori


Partenza: Capanne di Carrega
Arrivo: M.te Antola (mt. 1593)
Lunghezza percorso (a/r): 13,74 km
Tempo di percorrenza (a/r): circa 4 h. 
Dislivello complessivo: 515,68 mt.
Segnavia: bianco-rosso num.200





L'Antola è un punto di riferimento. E' una di quelle montagne che ti avvicina al mare, te ne fa quasi respirare l'aria. Quando lo guardo, dai miei monti, mi sembra sempre così distante, ma mi fa venire voglia di raggiungerlo, anche solo per un saluto. E' da un po' che non ci vado. O meglio, è un po' che non percorro il sentiero che parte dalle Capanne di Carrega: l'anno scorso avevo raggiunto la cima dell'Antola partendo dalla cappella di San Fermo, attraverso uno splendido itinerario panoramico, ma dal lato dell'alta Val Trebbia saranno ormai diversi anni che non passo, se escludiamo le salite in notturna in occasione della festa di San Pietro.
Non mi sembra vero, il meteo ha deciso di regalarmi, per la seconda settimana consecutiva, una bella giornata di sole in corrispondenza del weekend: sono quasi commosso, quel che è certo è che non me la lascerò sfuggire. Prendo il telefono e scrivo a Francesca, che mi lascia subito intuire che anche lei farà altrettanto. Ci ho messo un po' a indirizzarmi verso l'Antola, ad essere sincero: inizialmente pensavo a un giro da Caldirola a Piuzzo.
"No, visto che viene anche lei preferirei portarla sulla cima di un monte, vista anche la bella giornata". Allora ho pensato ad un giro ad anello, con partenza e arrivo a Bruggi e passaggi sui monti Bagnolo, Garave, Rotondo e Chiappo. Poi mi è venuto in mente l'Antola. "Perché non ce ne andiamo "in Antola", come dicono i genovesi?" mi sono detto. Vorrei portarla alla camminata notturna, ma sarebbe bello regalarle un'anteprima del sentiero che percorrerà al buio. Vada per l'Antola, aggiudicato.
Ci vediamo a metà mattina in quel di Cantalupo. Il tempo di prendere un po' di viveri dal panettiere e un caffè al volo, poi si parte in macchina alla volta delle Capanne di Carrega. La strada non è breve, ma la colazione si prolunga per tutto il viaggio, con Francesca che continua ad allungarmi biscotti dal sacchetto. Alla sera, al ritorno, troverò pezzi di biscotti ovunque nella macchina, primo ricordo di una bella giornata. Dopo Cabella, scendiamo a destra per Carrega Ligure, e risaliamo sui versanti delle imponenti montagne dopo aver attraversato il Borbera. Le curve sembrano non finire proprio mai e Francesca, avvicinandosi al finestrino, si accorge di quanto sia alto lo strapiombo sotto di noi. Ormai non ci faccio più caso, ma ricordo che le prime volte, quando facevo questa strada, mi si indurivano le gambe come due pezzi di legno se solo provavo a sporgermi dal finestrino. Gli ultimi segni di vita li incontriamo quando raggiungiamo i paesi di Connio e Carrega Ligure, poi riprendiamo a salire, in mezzo al nulla, fino ad arrivare al valico di Capanne di Carrega, dove si incontrano le province geografiche di Alessandria e Genova.
Proprio sulla linea di confine tra Piemonte e Liguria, parcheggiamo la macchina e scendiamo per prepararci. La partenza del sentiero numero 200 è a pochi passi da noi ed è contraddistinta da un evidente cartello che ci indica la direzione da seguire e il tempo necessario ad arrivare all'Antola: 1 ora e 55 minuti. Ci incamminiamo tra gli alberi ed attraversiamo un primo boschetto infangato, ricordo del temporale della notte scorsa: fortuna che oggi abbiamo con noi i bastoncini, ci aiuteranno non poco per camminare tenendoci in equilibrio senza immergerci nel fango. Dieci minuti di cammino e raggiungiamo Pian dell'Aia, a 1443 metri e dopo pochi passi incontriamo la deviazione per l'osservatorio astronomico di Casa del Romano. Ogni tanto ci voltiamo alle nostre spalle a fotografare l'imponente piramide del Carmo, che vista da qui domina le piccole casette che compongono le Capanne di Carrega e iniziamo a superare i primi escursionisti che incontriamo sul sentiero. Ne troveremo tantissimi, oggi.
Dopo un altro piccolo boschetto infangato, usciamo su di una costa in cui la vista spazia sull'alta Val Trebbia: stiamo camminando - e per il resto del viaggio, cammineremo - sul confine geografico tra le due regioni.
"Che bello qui!" dice Francesca, "Vero?" Verissimo, l'alta Val Trebbia, vista da qua sopra, è una distesa di dolci montagne verdi che degradano verso prati, con i paesini che sembrano appoggiati sui versanti delle montagne. Il verde delle foglie è così luminoso che è bellissimo da vedere, con lo sfondo dell'azzurro del cielo di questa mattinata. Il tratto di sentiero che affrontiamo da qui in poi è molto panoramico ed essendo totalmente esposto al sole, per fortuna è già asciutto: dobbiamo infangarci solo in pochi punti in cui il tracciato si snoda sotto agli alberi. In un punto, per evitare di sporcarci, costeggiamo il sentiero camminando nell'erba e senza accorgercene ci innestiamo in un altro sentiero che porta in discesa. Fortuna che ce ne accorgiamo e riusciamo velocemente a tornare sulla strada giusta.
Il sole picchia ed è piuttosto caldo. In alcuni punti non c'è un filo d'aria e mano a mano che procediamo, vediamo le nuvole in cielo aumentare. Nuvole bianche, sembrano innocue, ma non ci lasciano del tutto tranquilli, anche se a dire il vero a me non dispiacciono perché rompono un po' la monotonia delle foto tutte uguali con il cielo terso. Mi piace fotografare le nuvole, rendono diversa ogni immagine. Lentamente, al fondo della valle, inizia ad intravedersi sempre più indistintamente un ramo d'acqua del Lago del Brugneto e più avanziamo sul sentiero, più la superficie di lago visibile ai nostri occhi aumenta, mentre davanti a noi compare, maestosa, la cima dell'Antola.
Dopo aver raggiunto una selletta panoramica con una bella vista anche sull'alta Val Borbera, imbocchiamo la discesa che preannuncia l'arrivo al Passo Tre Croci (1494 mt.), dove ci fermiamo per una breve sosta. Le tre croci di legno che si trovano lungo il percorso continuano ad essere inquietanti, nonostante non sia la prima volta che passo di qui. Francesca, sentendo parlare di Monte Tre Croci, pensava di incontrare la cima di una montagna, non un piccolo valico come questo, però si sofferma interessata a guardare le croci di legno, mentre io, poco distante, inizio a togliermi lo zaino e lo metto a terra.
"Facciamo colazione?" "Certo che sì, è il momento!".
Non so che colazione sia, ho perso il conto. Ma giunti a questo punto, ci sta proprio bene. Mentre sul sentiero continua a passare gente, noi siamo in corrispondenza del bivio segnalato con la discesa verso Caprile, fermi in piedi a spartirci un sacchetto di focaccia, che è pure buona. Beviamo un sorso d'acqua e ci rimettiamo lo zaino in spalla. Sul Passo Tre Croci, noto le indicazioni per un sentiero che non avevo mai visto: è il numero 240, che porta alle pendici dei monti Propiano e Carmetto e, successivamente, in 1 ora e mezza, al paese di Vegni (lo ricordate? è il punto di partenza per l'escursione ai paesi abbandonati della Valle dei Campassi). Ripartiamo verso l'Antola - il cartello indica ancora 45 minuti, da qui - e il sentiero, ora, è di nuovo piuttosto infangato. Sono veramente pochi i momenti in cui non parliamo, nel nostro viaggio: io non sono un chiacchierone, ma con Francesca mi viene naturale parlare. Parliamo e ridiamo: ci sono dei punti in cui fatico a trattenere le lacrime e anche se non siamo ancora a metà della nostra giornata insieme, so già che non potrò pentirmi di essere venuto fino a qui con lei. Il tracciato riprende a salire, regalandoci dei fantastici scorci sul Lago del Brugneto, sempre meglio visibile ormai, e poi - dopo un breve falsopiano - ridiscende fino a portarci sotto alla penultima salita all'Antola, quella dove si incontra il secondo bivio per il paese di Caprile. Con un po' di fiatone, quasi in cima alla salita, ci fermiamo a vedere tra gli alberi una bella veduta del paesino di Campassi, che domina la valle dei "paesi fantasma": anzi, ora che guardiamo bene, vediamo che più in basso e sul versante opposto della montagna le macerie di Reneuzzi sono ben visibili tra gli alberi e di colpo mi ritorna in mente tutta la tristezza di quel luogo. Portiamo a termine la salita e raggiungiamo la Sella Est dell'Antola, ai piedi della salita finale che porta alla cima, su cui svetta la croce bianca, "troppo grossa" secondo la designer che mi fa compagnia: anche l'occhio vuole la sua parte. Di qui sono passati i cinghiali hanno distrutto tutto e non c'è un prato che non sembri arato da cima a fondo.
La cima dell'Antola è piena di gente. "Meglio andarci dopo, là sopra. Andiamo alla chiesetta a mangiare qualcosa, poi quando se ne saranno andati tutti, saliremo su", le dico. Così raggiungiamo su di un sentiero pianeggiante la piccola chiesetta dell'Antola ma vediamo subito che, anche qui, ci sono decine di persone. Però c'è un tavolo in legno libero, che occupiamo velocemente, seduti con la faccia rivolta verso il sole e verso il Lago del Brugneto, la cui vista - purtroppo -  ci è nascosta da alcuni alberi.
Apriamo gli zaini e occupiamo tutto il tavolino. In attesa del compleanno di Francesca, abbiamo la tavola delle grandi occasioni: un bel salame, un quarto di formaggio Montèbore, una fetta di Asiago, tanta cioccolata e un buon vinello rosso. Scattiamo qualche foto a tutti i nostri viveri, poi non perdiamo tempo e iniziamo a mangiare, siamo parecchio affamati nonostante le varie colazioni della mattinata. Una coppia di signori si siede davanti a noi e ne approfittiamo per scambiare due chiacchiere. Fanno parte di un'associazione alpinistica di Cuneo ("Giovane Montagna") e sono partiti alle 6 di questa mattina per venire sull'Antola. E' la prima volta che ci vengono e sono affascinati dal panorama che si vede da qui sopra. Francesca mi dice di parlargli del blog, ma non mi sembrano i tipi che si mettono a smanettare su internet alla ricerca di sentieri e siti di escursionismo. Chissà, forse aveva ragione lei, ma poco importa. Fatemi finire di mangiare, che il salame non si avanza. Mentre ci vuotiamo un bicchiere di vino, arriva anche il prete che inizia a dire la messa nella chiesetta accanto al nostro tavolo. Ci sentiamo un po' fuori luogo, tanto che finiamo velocemente di mangiare, raccogliamo la nostra roba e proviamo a salire sulla cima dell'Antola, per vedere se - almeno lassù - possiamo trovare un po' di tranquillità.
Da metà salita, mi giro per scattare qualche foto del suggestivo panorama del lago del Brugneto davanti a cui svetta il piccolo campanile della chiesetta, poi raggiungo Francesca e ci facciamo qualche autoscatto con lo sfondo del lago. Arriviamo sulla cima dell'Antola (mt. 1593) e capiamo che di tranquillità, qui, ne avremo poca, perché c'è ancora un sacco di gente. Però il panorama è spettacolare e peccato solo che il cielo si sia annuvolato così tanto, da fare quasi pensare alla beffa di un temporale. Il sole va e viene e io continuo a mettere e togliere la maglia. Francesca è più attenta di me, perché a un certo punto la sento dire "Ma è il mare quello?". Cavolo è il mare, non me ne ero accorto. C'è un po' di foschia, ma si vede bene, anzi sembra davvero a due passi. La forma pare essere quella di Capo Noli, ma guardando più attentamente si nota anche una parte del porto di Genova, quasi nascosta sotto alle montagne. Rimaniamo incantati a scattare fotografie di questa piacevole sorpresa. Prima del mare, la Val Brevenna con i suoi tanti paesini, su tutti Tonno. Ci giriamo dalla parte opposta e scattiamo qualche foto al Lago del Brugneto, poi ci facciamo fare una foto insieme e raggiungiamo la panchina - che nel frattempo si è liberata - posta proprio a dominare la Valle dei Campassi, quella di San Fermo e il Monte Buio.
E' una panchina in una posizione molto particolare, sembra quasi sospesa nel vuoto, ma regala una vista mozzafiato, dritta di fronte alla Cappella di San Fermo. Alla nostra destra, i paesi abbandonati della Valle dei Campassi, Ferrazza e Reneuzzi (Casoni non si vede). Ci sediamo e restiamo un po' qui a contemplare la natura e il silenzio (si fa per dire, vista la gente che c'è qui sopra). Però è comunque suggestivo. Le nuvole coprono velocemente il sole e rimetto la maglia, c'è un'arietta bella fresca. Mi alzo e scatto qualche foto a Francesca di spalle, seduta sulla panchina. Lei poco dopo fa altrettanto con me, facendo addirittura di meglio, perché nella mia foto riesce a prendere anche la vista del mar ligure. La temperatura scende vistosamente, tanto che decidiamo di rimetterci in cammino.
La sosta non è stata lunghissima, ma ormai le nostre conversazioni durano tutto il viaggio e non solo il tempo del pranzo. Abbiamo fatto molti passi avanti, in questo senso.
Un'ultima foto alla croce e alla piramide in memoria dei partigiani e iniziamo velocemente la discesa dalla cima dell'Antola. Giunti in fondo alla discesa, mi fermo a fotografare il cartello con le indicazioni del sentiero 245: l'avevo incontrato lo scorso anno nel mezzo del paese abbandonato di Reneuzzi. Conduce, passando per il paese fantasma, prima alla Sella Banchiera e poi al Monte Antola, esattamente qui, nel punto in cui ci troviamo adesso. Buono a sapersi, non escludo di provarlo in estate.
Sulla strada del ritorno, camminiamo molto più lentamente. Non so perché, ma abbiamo un'andatura decisamente più tranquilla. Parliamo per tutto il viaggio e mi sembra che il tempo sia volato, tra qualche foto alle genziane, alle felci e a qualche fiorellino colorato che risalta tra l'erba verde. Le chiedo cosa ne pensa della camminata di oggi e mi dice che le è proprio piaciuta, ma del resto si vede. Sono contento che abbia apprezzato, in effetti il giro è piacevole e poi l'Antola è una montagna che regala sicuramente dei panorami molto particolari, con il lago e la chiesetta a fare da contraltare con gli strapiombi sulla Valle dei Campassi che si vedono dalla parte opposta.
Mi sembra che Francesca abbia particolarmente apprezzato il lago, tanto che mi chiede di andarci qualche volta, visto che le ho parlato di un sentiero che lo percorre tutto attorno. Organizzeremo, sicuro.
Continuiamo a camminare, e superato il Passo Tre Croci, davanti a noi un nuvolone bianco ha come una specie di finestrella al suo interno. Lo indico a Francesca, prima di scattare una foto. Velocemente, però, perché la finestra in pochissimo tempo si chiude. E' questione di attimi: noi l'abbiamo potuta vedere, gli altri forse no. Catturo gli ultimi scorci del lago del Brugneto, prima che scompaia del tutto dietro alle montagne, con il piccolo paesino di Propata con la sua chiesa bianca in basso, al termine delle case, poi ci fermiamo in corrispondenza di un grosso tavolo di legno per bere un po' d'acqua, visto che ora il cielo si è nuovamente rasserenato quasi del tutto e c'è un bel caldo.
Beviamo, ma mangiamo anche. Vuoi non fare merenda? Poco più avanti, in corrispondenza di una piccola croce quasi nascosta sul bordo del sentiero, e dalla quale si gode di una bella vista sui paesi dell'alta Val Borbera, ci sediamo per terra e mangiamo una tavoletta di cioccolato. Così, giusto per riprendere un po' di forze. Però non siamo stanchi, la camminata è stata tranquilla, lineare, per niente annoiante, anzi a mio parere divertente. Io camminerei ancora per mezza giornata, se me lo chiedessero. Le gambe girano bene, e anche Francesca non la vedo per niente stanca.
Ormai non manca molto e gli ultimi chilometri scorrono via senza particolari preoccupazioni, chiacchierando sotto al sole. Decidiamo di non andare diretti alla macchina, ma di deviare verso l'Osservatorio di Casa del Romano e verso il vicino albergo, in modo da bere qualcosa. Facciamo solo una breve sosta sulle panchine davanti all'Osservatorio, con Francesca che fotografa le forme create dai nostri piedi, poi ripartiamo alla volta dell'albergo, dove finalmente ci togliamo lo sfizio di una coca cola, seduti su di un tavolino all'aperto.
Dopo tanti anni, rivedere i gestori dell'albergo di Casa del Romano, mi dà l'idea di vedere delle persone familiari: le prime volte che sono venuto qui ero un ragazzino.
Torniamo alla macchina camminando, per gli ultimi metri, sulla strada asfaltata, poi ci mettiamo in viaggio per tornare verso casa. Sulla strada del ritorno, Francesca fa scorrere le foto della giornata, mentre io mi rilasso un po' (oddio, sto guidando), poi riprendiamo a parlare e a farci compagnia a vicenda. Arriviamo a Cantalupo, è il momento di salutarla e ringraziarla della splendida giornata. Credo che questa sia l'escursione più bella che abbiamo fatto insieme, in questi mesi. O forse, più che l'escursione, credo sia la giornata più bella che abbiamo trascorso insieme. Sì, perché oltre all'escursione c'è dell'altro, c'è il viaggio, ci sono le parole, ci sono le risate, ci sono le emozioni condivise.
Oggi tutto questo è stato a dir poco perfetto. Sono una persona che ha bisogno dei suoi spazi e mi capita spesso, dopo aver trascorso tanto tempo con qualcuno, di avere bisogno di rimanere solo con me stesso. Oggi, nonostante io e Francesca siamo insieme da ormai otto ore, quando la abbraccio per salutarla non vorrei che se ne andasse, tanto mi sono trovato bene: la sua presenza è stata - se possibile - ancora più piacevole del solito. Alzo il volume della radio e riparto, verso casa, mentre sorrido ripensando ad alcuni momenti della bella giornata che abbiamo trascorso, senza un filo di stanchezza. Avrei bisogno di un mese consecutivo di weekend così. O forse di una vita intera.

"Quanto monotona sarebbe la faccia della terra senza le montagne" (Immanuel Kant)

Photogallery















































































































Nessun commento:

Posta un commento