lunedì 30 settembre 2013

Il passo dell'aquila: dal castello di Verde alla rocca di Oramala




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Partenza: castello di Verde, Valverde (Pv) (785 mt.)
Arrivo: rocca di Oramala (Pv) (758 mt.)
Lunghezza del percorso (a/r): 16,5 km circa
Tempo di percorrenza (a/r): 4 h. 30 min. circa
Segnavia: bianco-rosso "aquila"

Iniziamo una nuova avventura, alla scoperta di un altro angolo del nostro fantastico territorio. Mi ero ripromesso di dedicarmi un po' di più alla provincia di Pavia, fino ad ora poco battuta: ho cominciato con il paese fantasma di Ceregate, ad agosto e continuo ora con questo nuovo itinerario che corre sulle alture della Val di Nizza e che è indubbiamente suggestivo per i luoghi pregni di storia che va ad attraversare.
Per raggiungere la partenza dell'itinerario, occorre arrivare a Valverde, caratteristico borgo dell'Oltrepo Pavese situato alle spalle di Varzi, tra la Val Tidone e la Val di Nizza: una volta raggiunta la cittadina di Varzi, occorre prendere la strada che risale la Valle Staffora alla volta del valico del Brallo e del Penice, per poi svoltare, dopo poche decine di metri e ancora all'interno dell'abitato di Varzi, sulla sinistra seguendo le indicazioni per Pietragavina. Dall'imbocco di questa strada, Valverde si raggiunge in circa mezz'ora e lo si incontra ridiscendendo alle spalle di Pietragavina in direzione di Zavattarello.
"Valverde, antico possesso dell'abbazia di San Colombano di Bobbio, concesso in enfiteusi ai Malaspina, venne di fatto aggregato al loro marchesato, e nelle successive suddivisioni ereditarie della famiglia (a partire dal XIII secolo) rimase alla linea dello Spino Fiorito, e precisamente ai Malaspina di Oramala e Godiasco. Nella successiva suddivisione di questi in cinque linee, Valverde appartenne in prevalenza ai Malaspina di Monfalcone, che prendevano nome da un castello ormai scomparso che sorgeva tra Valverde e Sant'Albano (oggi frazione di Val di Nizza), detti poi anche Malaspina di Valverde. Il loro dominio si estendeva appunto su Valverde e Sant'Albano; ed erano, insieme agli altri rami, condomini della giurisdizione del Marchesato di Godiasco, cui Valverde apparteneva" (da Wikipedia).
Valverde è un comune sparso: una volta raggiunta la frazione Casa Andrini, occorre prendere sulla sinistra la stretta stradina che sale alla volta del Castello di Verde, ai piedi del quale si può parcheggiare l'auto.
Il Castello, del secolo IX, fece parte a lungo del feudo di Oramala. Fu di proprietà della famiglia Landi per passare, poi - come molti dei possedimenti di questi luoghi - ai Malaspina, prima di venire donato a Federico Del Verme. Oggi, del castello rimane solo una torre cilindrica incompleta, circondata da un grande parco: consiglio vivamente di fare due passi qui intorno, è un luogo meraviglioso.
Lungo la stradina che sale alla volta del parcheggio del castello, le stazioni della Via Crucis ricostruite in pietra. Nei pressi delle ultime stazioni, ci si può affacciare da una balaustra e godere di un panorama meraviglioso sulla valle sottostante. Salendo per un pendio erboso, si arriva in un ampio prato dove svetta, sullo sfondo, quel che resta della torre del castello, circondata dagli alberi. Non distante, un ritrovamento archeologico dell'età del ferro: una tomba a pozzo della civiltà del Golasecca (V secolo a.C.).
Accanto alla torre, ecco l'Oratorio della Madonna della Neve, eretta dai Malaspina nel XVI secolo "per la comodità e la necessità dei lavoratori del castello": come si legge dal cartello posizionato nei pressi della chiesa, il terreno antistante, cinto da un muro, venne adibito a cimitero e la chiesa, sconsacrata in seguito al degrado, venne restaurata nel 1852, dopo che fra la popolazione si era sparsa la voce che la Vergine era apparsa tra le rovine chiedendo che l'oratorio fosse riportato al culto. Di fronte all'oratorio, la statua della Madonna della Neve, nei pressi del sentiero che conduce al pozzo.
Tutto intorno, un immenso prato verde, probabilmente solo un piccolo angolo dell'immenso parco del castello. Ridiscendo sul lato del pendio che avevo percorso per venire qui, seguendo una bella scaletta in legno, passando nei pressi di un sentiero chiamato "sentiero delle farfalle", uno dei tanti itinerari escursionistici del parco. Bisogna partire, mi aspetta il "passo dell'aquila", come dicevamo, del quale vedo le prime segnalazioni nei pressi del parcheggio del castello di Verde e che mi condurrà, passando per i "Tre termini" (..poi vi spiegherò di cosa si tratta) e per i ruderi della località "La Riassa" al Castello di Oramala.
La prima parte di itinerario è in discesa sull'asfalto e conduce alla prima stazione della Via Crucis, nei pressi di un crocifisso in legno, sotto al quale, nelle vicinanze di uno spiazzo, si snodano alcuni sentieri, in particolare quelli per Mandasco (sulla destra) e il nostro "passo dell'aquila", sulla sinistra, nei pressi di un pannello che reca l'indicazione per i ruderi del castello di Monfalcone.
Il sentiero è in realtà una carrabile piuttosto ampia, che parte in leggera salita per poi spianare e riprendere a salire, fino ad arrivare in un punto panoramico da cui si gode di una meravigliosa vista sul castello di Zavattarello e su tutta la valle sottostante. Proseguendo, si evita un primo bivio segnalato per i ruderi del castello di Monfalcone, proseguendo sempre sulla carrareccia marchiata con il segnavia "aquila" bianco-rosso, per poi abbandonarla e salire a destra su di una salita leggermente più marcata, dove il sentiero si fa più stretto.
In cima alla salita, il sentiero transita nei pressi di un tavolo in legno per il pic-nic e svolta a sinistra, proseguendo in piano all'interno di un bel bosco di castagni, fino a giungere ad una nuova, brusca, deviazione a sinistra. La caratteristica di questo bosco è quella di essere solcato da un numero infinito di carrarecce, quasi tutte marcate col segnavia bianco-rosso, ma anche di essere un ritrovo di decine e decine di cercatori di funghi: non vi dico quanti ne ho incontrati nel mio viaggio!
La carrabile mi ha portato alle pendici del Monte Bruno e, tra gli alberi, mi permette di vedere un bel panorama sulla Val di Nizza: non vedo però la meta del mio viaggio, la rocca di Oramala, nascosta dalla foschia di questa calda giornata settembrina. Il sentiero transita nei pressi di un luogo chiamato "I Tre Termini" (844 mt.), punto di confine (confini altrimenti detti "termini") tra i comuni di Valverde, Val di Nizza e Varzi, ma anche termine delle faticose salite che gli abitanti dei tre comuni, tempo addietro, dovevano percorrere carichi di merci da vendere - o acquistate - al mercato di Varzi, poi prosegue in leggera discesa fino a portarmi ad un ennesimo bivio, dove questa volta tengo la destra (ben segnalato, comunque).
La strada di destra mi porta in un ampio spiazzo dove trovo un'altra area attrezzata con tavoli e panche e, proseguendo, vedo lentamente cambiare il paesaggio: mi sono portato alle pendici del Monte Cucco, che a circa 850 mt. è uno dei punti di maggiore altitudine del mio percorso. Da qui inizio a scendere, dapprima lentamente, fino a giungere in un punto dove - con una piccola deviazione - riesco ad avere una vista a dir poco meravigliosa sulla rocca di Oramala, posizionata esattamente di fronte a me. 
Che dire, ne approfitto: estraggo dallo zaino lo zoom della mia macchina fotografica e perdo cinque minuti per immortalare la rocca da questa posizione privilegiata, poi mi rimetto in cammino, su di un sentiero che ora scende in maniera più decisa e transita in un bosco di carpini e roveri che, a tratti, consente di ammirare tra gli alberi alcuni scorci interessanti del castello di Oramala. Camminando in leggera discesa sul crinale che separa la Val di Nizza dalla Valle Staffora, si giunge nei pressi di alcuni ruderi di abitazioni, noti come località "La Riassa", che mi ricordano quei paesi fantasma, o villaggi di pietra che tante volte ho visitato nell'arco delle mie escursioni e, poco dopo, nei pressi del monumento al partigiano Umberto Negruzzi detto Berto, trucidato dai nazifascisti nel gennaio 1945.
La rocca di Oramala, sempre più vicina, si erge sullo sfondo tra gli alberi e sento che ormai sono prossimo all'arrivo alla mia meta. Dopo poche centinaia di metri, il sentiero si immette sulla strada provinciale Casa Ponte-Varzi, che si percorre verso sinistra, in direzione del paese, per poco meno di 500 metri.
Dopo un'ultima ripida salita, si giunge finalmente al borgo di Oramala, dominato in cima dalla splendida rocca, che essendo sabato trovo chiusa (il castello è aperto per le visite guidate alla domenica, dalle 15 alle 19). La caratteristica torre è dell'XI secolo e l'intero edificio è in pietra a vista: come riportato sulla bacheca in legno nei pressi del cancello di ingresso, la rocca di Oramala è stata la prima dimora della famiglia Malaspina, che vi insediò uno dei più potenti marchesati dell'Italia settentrionale. Si legge che furono ospiti della rocca, tra gli altri, Federico Barbarossa nel 1167; i più famosi trovatori provenzali (Borneilh, Vaqueiras, De La Tor e Sisteron); Dante Alighieri, che celebrò l'illustre casato nel VIII canto del Purgatorio; Goethe nel 1786. La rocca rimase ai Malaspina fino al XVIII secolo e oggi è stata acquistata e restaurata dai fratelli Panigazzi.
Non si può andare oltre ed è un peccato. Così mi limito a guardare la rocca attraverso il cancello, poi non convinto, la aggiro portandomi sul retro e salgo per un altro sentierino per scattare qualche foto della torre da una posizione "inedita". Si vede poco, comunque, da così vicino.
Tornato davanti al cancello della rocca, mi volto ad ammirarla un'ultima volta, prima di fare due passi tra le case del borgo di Oramala, tutte in pietra, molto caratteristiche. Non posso fare a meno di fermarmi ad ammirare la bella facciata in pietra dell'Oratorio della Natività della Beata Vergine di Oramala, del XIV secolo (se ne hanno le prime notizie documentali nel 1385), sormontato da un bel campanile in pietra su cui è disegnata una meridiana che riporta la scritta "E' l'ora di ben fare".
Un passaggio veloce sulla ripida discesa tra le case di Oramala, poi sono nuovamente sull'asfalto, pronto per il rientro, che avverrà sullo stesso sentiero dell'andata. Lancio un'ultima occhiata alla rocca di Oramala, così misteriosa con quella torre circolare alle spalle e mi rimetto sulla strada, con la convinzione che queste zone siano da battere più spesso, con tutto il carico di storia che si portano dietro.
E' l'ora di ben fare.

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