martedì 16 luglio 2013

Ma vuoi mettere una polenta sul Chiappo?



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Partenza e arrivo: Caldirola, Colonia Provinciale (mt. 1100)
Tappe intermedie: Passo Bruciamonica (mt. 1394), M.te Cosfrone (mt. 1659), M.te Ebro (mt. 1701), M.te Chiappo (mt. 1700), Rif. Orsi (mt. 1397)
Lunghezza percorso: 17 km circa
Tempo di percorrenza: 6 h. circa
Segnavia: bianco-rosso 200; bianco-rosso 113; bianco-rosso 106

Camminare con lo zaino pieno di viveri è senza dubbio faticoso. Già lo è camminare, parliamoci chiaro, specie se in salita e per tanti chilometri, ma riuscire a togliersi qualche peso, una volta ogni tanto, non guasta, e allora ecco che ho proposto alla mia compagna di camminate di andare a farci una mangiata in un rifugio.
Si perché i rifugi ce li abbiamo anche noi, qui in appennino. Non saranno i rifugi alpini o dolomitici, ma da mangiare ve ne danno anche loro, se è quello che cercate, ve lo posso garantire.
Le idee sono ben chiare fin dall'inizio: andiamo al Chiappo, non passa un anno senza che mi vada a fare una mangiata là sopra, ma partendo da Caldirola. Arriviamo là, mangiamo al rifugio e con calma, molta calma, ce ne torniamo a casa, tanto nessuno ci corre dietro.
A dire il vero pensavo di dover rinviare la camminata (e il pranzo) perché pareva che io e Francesca non saremmo riusciti a vederci, invece poi l'abbiamo aggiustata in corsa e domenica mattina, alle 10, ero in piazza a Caldirola fermo in macchina ad aspettarla. E' arrivata puntuale, senza borse e borsine, come promesso. Però insomma, una colazione o una merenda lungo il percorso ci sarà modo di farla, così un po' di focaccia, prima di partire, la prendiamo ugualmente, tanto io un cioccolato - per precauzione - ce l'ho sempre dietro.
Portiamo la macchina alla Colonia provinciale e ci incamminiamo lungo il sentiero che sale in direzione delle piste da sci: ho scelto di seguire questo percorso perché, in queste giornate così incerte, solitamente al pomeriggio tende ad annuvolarsi e a minacciare temporali e così preferirei fare subito le creste, per poi - al pomeriggio - camminare nei boschi verso il Rifugio Orsi, in modo da trovare un riparo in caso di maltempo.
La salita è subito piuttosto dura e dopo il breve tratto che, nei prati sopra alla Colonia, conduce sul tratto di canalone quasi in piano, la pendenza aumenta di colpo. Percorriamo parte della pista numero 3, poi ci immettiamo sulla 4, camminando con il Giarolo sullo sfondo, di fronte a noi, in modo da allargarci fino a giungere a Passo Bruciamonica.
Dalla sella panoramica di Passo Bruciamonica, ci si spalanca il panorama su un angolo di Val Borbera e ci fermiamo a tirare un po' il fiato, visto che nonostante il cielo non sia troppo sereno, il caldo è abbastanza fastidioso. Nella notte, un temporale ha rinfrescato l'aria ma non abbastanza da scacciare tutta questa umidità. Ripartiamo, attraversando il boschetto che prelude all'arrivo nei prati sotto alla ripida salita del Panà, che decidiamo di non affrontare per non romperci subito le gambe: d'altronde oggi noi andiamo a pranzo, possiamo prendercela comoda e fare la strada meno faticosa. Così nei pressi di un cancello per il passaggio del bestiame manteniamo la destra e, giunti sotto alla salita del Panà, ci infiliamo prima in un boschetto dove il sentiero sale all'ombra e poi tagliamo il monte camminando su uno stretto sentierino che ne percorre il versante verso la Val Borbera. Da qui il panorama è molto bello e ne approfitto per qualche foto panoramica, peccato solo per il cielo che è sempre più grigio. Al termine del sentiero, ci ricongiungiamo con il sentiero di cresta poco sotto all'inizio della salita al monte Cosfrone. Quante volte, quest'inverno, abbiamo percorso questo tratto di sentiero con le ciaspole! Ora non sembra neanche lontanamente quello stesso posto.
Mentre saliamo al Cosfrone, ci voltiamo ad ammirare lo splendido panorama con il Panà e il Giarolo che sembrano fare da divisore tra la Val Borbera e la Val Curone. Sulla cima del Cosfrone non ci fermiamo, ma continuiamo velocemente alla volta dell'Ebro perché, alle nostre spalle, le nuvole corrono sempre più veloci e addirittura un po' di nebbia sembra ci stia seguendo. Abbiamo già capito che la giornata non sarà delle migliori, dal punto di vista meteo, ma ormai siamo quasi a metà strada e non avrebbe senso fermarsi. E poi c'è la polenta che ci aspetta!
Sotto alla salita dell'Ebro, incontriamo i primi camminatori che percorrono il sentiero nella direzione opposta alla nostra. Noi saliamo verso la croce discutendo animatamente su chi pagherà il pranzo di oggi, mandandoci simpaticamente a quel paese. "Non litigate! Prima mangiate, poi litigate dopo!" ci dice un signore che incontriamo. Scoppiamo a ridere e lo salutiamo, poco prima di raggiungere la croce sulla vetta dell'Ebro, a 1701 metri, dove avevamo deciso di fermarci per una veloce colazione. Le mosche, però, qui sopra non ci danno tregua, non potremo fermarci a lungo: ci facciamo un veloce autoscatto, poi scriviamo una frase sul diario dell'escursionista presente sul monte e ci mettiamo subito in cammino, seguendo la ripida discesa alla volta di Bocche di Crenna.
Poco prima di giungere al valico, in un punto in cui non vola una mosca (in senso reale e figurato..) buttiamo a terra gli zaini e ci sediamo a mangiare cioccolato e focaccia, sul fianco del sentiero. Dieci minuti di pausa, ma sono più che sufficienti per recuperare un po' di energie, mentre la nebbia - che ci aveva accompagnato fino quasi all'Ebro - ora lascia spazio ad un bel sole che filtra tra le nuvole. Transitiamo a Bocche di Crenna e, senza fermarci, saliamo alla volta del Monte Prenardo, che raggiungiamo piuttosto in fretta: sarà la fame che inizia a farsi sentire, ma abbiamo aumentato decisamente l'andatura. Dalla cima del Prenardo, vediamo di fronte a noi il rifugio del Chiappo, ormai a poche centinaia di metri: scendiamo dal Prenardo e, dopo un breve tratto di piano, con Bruggi alla nostra sinistra, percorriamo l'ultima rampa che ci conduce, nei pressi di un passaggio per il bestiame, di fronte ai monti Lesima e Alfeo.
Scavalchiamo il passaggio e raggiungiamo la statua di S. Giuseppe posta sulla cima del Chiappo, a 1700 metri: il rifugio, alle spalle, ha già tutti i tavoli all'aperto occupati, vediamo che c'è parecchia gente. Ci avviciniamo, lasciamo i bastoni e gli zaini fuori ed entriamo nel rifugio, dove il gestore, ci dice di accomodarci dove vogliamo. Si è liberato un tavolo fuori e ne approfittiamo: pochi minuti e abbiamo davanti un bel piatto di polenta ai formaggi, con una brocca di vino rosso. Stare bene!
A parte il fatto che io tutti gli anni una polenta qui sopra me la faccio, anche se d'estate, ma oggi con questo clima così strano ci sta anche bene. Il caldo si sente, ma le nuvole corrono veloci e la nebbia avvolge tutta la cima del Chiappo, regalandoci anche qualche piccola goccia d'acqua, non troppo convinta. 
Francesca non è in forma, non finisce la polenta e rifiuta anche una fetta di torta: cose da pazzi. In compenso però si porta via il vino rosso che abbiamo avanzato. Io invece concludo - dopo la polenta - con un caffè e un amaro di erbe della Valle Staffora, poi ci spostiamo sul lato del rifugio che guarda verso il Monte Lesima e ci rilassiamo un po' su una panchina, proprio mentre la nebbia scompare di nuovo e il sole spunta ancora a scaldarci. 
Per non fare troppo tardi è meglio rimettersi in cammino: sono le 14,30, la nostra sosta sul Chiappo è durata un'ora e mezza. La discussione che abbiamo avuto in mattinata su chi avrebbe pagato il pranzo non si ripete, ha vinto lei per stavolta. Ma non me la passa liscia: io ho mangiato e lei ha pagato, non si fa così. Dobbiamo assolutamente rimettere in pari le cose.
Due parole con Giorgio, il gestore, che ci chiede da dove veniamo e con il quale ci fermiamo a scambiare due battute sul tempo, poi salutiamo e, zaini in spalla, raggiungiamo la statua di San Giuseppe sulla cima del monte davanti alla quale scattiamo una foto insieme.
Il ritorno scivola via più tranquillo: Francesca, che sulla cima del Chiappo non mi era sembrata in formissima, quasi un po' rabbuiata, si riprende di colpo: le si accende il sorriso sul volto e la prima parte del sentiero scorre via tra una risata e l'altra. Scendiamo dal Chiappo e, senza arrivarne in cima, tagliamo il Prenardo camminando sul versante verso la Val Borbera, per poi ricongiungerci al sentiero numero 200 poco prima di arrivare a Bocche di Crenna. Da qui, prendiamo la sterrata che conduce verso le Stalle di Salogni e la percorriamo in discesa, sotto al sole. Parliamo senza mai fermarci, mentre fotografo le nuvole bianche riflesse in una pozzanghera. Mi sembra passata un'eternità dalla prima volta che siamo andati a camminare insieme e credo di iniziare a conoscerla un po', se - come accade - non mi stupisco più di tanto quando mi si racconta un po' più apertamente. D'altra parte tutti questi chilometri percorsi insieme saranno serviti a qualcosa, no?
Arriviamo nei pressi della Stalla di Salogni e superiamo il cancello dirigendoci verso la Fontana di Pan Pargnon, dove riempiamo le bottiglie di acqua e ci rinfreschiamo la faccia, visto che il caldo è quasi insopportabile, tanto è umido. Ci infiliamo nel bosco, sul sentiero 113, camminando su un terreno bagnato dalla pioggia della notte e reso scivoloso e pieno di pozzanghere. Incontriamo due persone che avevamo incrociato al mattino e ci fermiamo a fare due parole: vengono da Voghera e spesso percorrono questi sentieri. L'occasione è buona per rifiatare, poi ripartiamo, su di un sentiero che - dopo essere salito ripidamente, nel suo tratto iniziale - ora ridiscende su due rampe dove la pendenza è notevole e si fatica a non scivolare. In una delle due rampe, incontriamo alcune persone che risalgono: tra queste, il signore di questa mattina che ci chiede "Allora, chi ha pagato da mangiare alla fine??". Scoppiamo a ridere di nuovo e restiamo per qualche minuto a parlare con loro.
Quando li salutiamo, mancano poche decine di metri al Rifugio Orsi, dove le persiane sono già chiuse e, probabilmente, se ne stanno tornando in città anche i gestori: chissà che ore saranno? Non ne abbiamo idea, sinceramente, ma non abbiamo neanche voglia di prendere il telefono per scoprirlo. Percorriamo il tratto dal Rifugio Orsi fino al cancello sul versante del Panà sotto il sole, poi ci fermiamo per finire il cioccolato di questa mattina e il vino del rifugio.
Doveva essere una breve sosta, ma in realtà qui seduti ci restiamo per un po'. Le è tornato l'appetito e mangia una striscia di focaccia, mentre io, dopo aver finito il cioccolato, riprendo a parlarle. In lontananza si sente tuonare: sembra provenire dalla cima del Chiappo, dove poco fa eravamo noi. Per oggi ce la siamo scampata! Ancora mezz'ora di cammino, fino ad arrivare alla Colonia provinciale di Caldirola, dove questa mattina avevamo lasciato la macchina.
"Chissà che ore sono?" le dico. "Saranno le cinque", fa lei. "O anche le cinque e mezza, và..." la correggo.
Saliamo in macchina e guardo l'ora: 18.15, porcamiseria!
Iniziamo a non sentire più il tempo che passa: potrebbe essere un buon rimedio per la vecchiaia?!

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