lunedì 4 febbraio 2013

La ciaspolata di S.Biagio: Caldirola - Rif. Orsi - M.te Ebro



Partenza: Caldirola, Colonia Provinciale

Tappe intermedie: Rifugio Orsi

Arrivo: M.te Ebro (mt. 1701)

Lunghezza del percorso (a/r):  9 km ca. (clicca qui per l'itinerario della ciaspolata)

Tempo di percorrenza (a/r): 4 h. 15 min. ca.

Segnavia: 106 all'andata; per il ritorno ho seguito il sentiero 200 fino al Panà e poi sono sceso sul sentiero 106

Scheda:  Il 3 febbraio, Caldirola festeggia il suo Santo Patrono: San Biagio. Ogni anno, nella parrocchia del paese si celebra la Messa con il tradizionale rito della benedizione della gola, a cui prendono parte tutti i paesani. San Biagio mi scuserà, ma per quest'anno, vista la giornata e la quantità di neve ancora presente sui sentieri, non mi comporto da buon paesano e anziché andare a Messa, di buon'ora sono già in piedi per prepararmi a una bella camminata con le ciaspole.
Sveglia presto, quindi. Alla domenica non è mai piacevole, ma questa volta non mi pesa assolutamente: non vedo l'ora di arrivare là sopra, sulla cresta. Inizio una lunga procedura di vestizione, fuori fa un bel freddo, siamo ancora sotto zero, ma la giornata è meravigliosa e il sole sta per spuntare dietro alle montagne.
Raggiungo come sempre la Colonia Provinciale di Caldirola, punto di inizio dell'escursione e trovo a malapena un parcheggio per la mia macchina: nonostante sia presto, già molte altre persone hanno avuto la mia stessa idea e si sono messe in cammino.
Come nell'ultima escursione con le ciaspole che ho raccontato qui, imbocco il sentiero numero 106 che conduce verso il Rifugio Orsi e anche questa volta le ciaspole rimangono - per ora - appese allo zaino. Rispetto a una settimana fa, le temperature alte che si sono registrate nei giorni precedenti, hanno in parte abbassato il manto nevoso, ma la neve era così tanta che fatica a scomparire. In più, sabato qualche fiocco di neve è ancora caduto, creando così un piccolo strato morbido di neve fresca sulla quale camminare, evitando anche di farmi scivolare. Procedo così, senza ciaspole, sul sentiero 106 e raggiungo in breve tempo il cancello sul versante del Monte Panà dove la scorsa volta mi ero fermato per poi dirigermi in salita verso la cresta del monte.
Questa volta mantengo il sentiero numero 106, che procede in piano, con qualche leggera discesa, verso il Rifugio Orsi, incontrando prima una fonte ricca d'acqua - di recente ristrutturata - e poi un ampio prato colmo di neve. Il bianco della neve e il cielo blu creano un contrasto di colori formidabile, appena attenuato, a volte, dal rossiccio delle foglie di qualche albero. Il sole splende alto nel cielo e ammorbidisce lo strato di neve, tanto che in alcuni punti si affonda notevolmente senza le racchette.
Dopo un'ultima breve salita, arrivo nei pressi del Rifugio Orsi, dove i gestori del rifugio stanno liberando il tetto dalla neve, che qui è davvero tanta. Passo intorno al rifugio e mi dirigo nei pressi delle fontane - anche queste da poco ristrutturate - dove il sentiero 106 inizia la sua salita verso il monte Ebro.
Faccio pochi passi e mi rendo subito conto che senza ciaspole, di strada ne farò poca. Mi fermo e le indosso. Riparto, ma la neve è così soffice che anche con le ciaspole affondo fino al ginocchio e camminare senza perderle diventa quasi impossibile. Ripeto così l'operazione in senso inverso: le ciaspole tornano appese sullo zaino.
Con non poca fatica riesco a superare il primo tratto di salita, dove la neve è maggiore, fino ad arrivare, sul fianco di un piccolo ruscello, a un punto in cui il sentiero sale tra gli alberi all'interno di un boschetto. Qui si cammina decisamente meglio, e in più ci sono i rami degli alberi a cui attaccarsi, aiuto non da poco per restare in piedi. Dopo un altro tratto in salita, il sentiero sbuca in un pianoro sotto al Monte Cosfrone, nei pressi di un laghetto ora sommerso di neve, che fiancheggio per proseguire ancora in salita per un breve tratto, tra gli alberi.
All'uscita dal bosco, di fronte a me posso vedere la sagoma del Monte Ebro, ma mi aspetta ancora una dura salita. Piccolo problema: qui la neve è davvero troppa. Io sono ancora senza ciaspole e affondo praticamente con tutta la gamba, non riesco a stare in piedi. Incontro uno sciatore, che mi vede in difficoltà "Senza ciaspole non puoi!" . "Eh dammi il tempo" penso, mentre le sto slegando dallo zaino e con non poca fatica cerco di infilarmele. In fondo fino a qui più o meno ci ero arrivato bene.
Metto le ciaspole e riparto: ora sì che si va bene. La salita è dura, cerco di camminare dove la neve è più ghiacciata in modo che le ciaspole facciano bene presa con i ramponcini, e dopo alcuni tornanti che mi invento per addolcire il percorso sono quasi arrivato sulla cresta.
In prossimità del cartello che segnala il sentiero 106, arrivo in costa: che spettacolo, oggi è una giornata pazzesca. Paz-ze-sca . Scatto subito un po' di foto, il cielo di fronte a me ha una tonalità blu leggermente velata, con qualche nuvola grigia. Appena sotto, il Monte Antola, più a sinistra il Carmo, poi Legnà, Cavalmurone, e poco prima di incocciare con lo sguardo la parete  più aspra del Monte Ebro, ecco comparire la sagoma del Monte Alfeo.
Mi incammino verso la cima dell'Ebro, mentre alcuni ciaspolatori stanno già scendendo. Li saluto e in poco tempo arrivo alla croce posta sulla vetta, a 1701 metri. C'è un vento insopportabile, gelido. Mi si è gelata addirittura la cuffia, sembra un pezzo di legno. Fatico quasi a scattare le foto, le dita non si muovono più.
Però che meraviglia...da restare senza fiato (si, un po' è colpa del vento..)...oggi si vede anche il mare.
Dall'Antola, spostandoci con lo sguardo sulla destra, oltre il Monte Buio, iniziamo a intravedere una sagoma di colore bianco sulla cima di un monte: è il Santuario di Nostra Signora della Guardia di Genova, alle spalle del quale si distingue, nonostante un po' di foschia, Capo Noli. Dietro a Capo Noli, Capo Mele e l'Isola Gallinara. Di pomeriggio, con il sole riflesso in acqua, si vedrà tutto molto molto meglio, ma purtroppo non posso aspettare qui, anche perché probabilmente morirei di freddo!
Comunque il cielo è terso e dovunque rivolga il mio sguardo vedo un panorama infinito. Poco oltre la costa ligure, inizia la catena delle Alpi, innevate, che fanno da cornice al paesaggio, fino al Monviso e, ancora oltre, fino al massiccio del Rosa. Ma proseguendo con lo sguardo in direzione della Lombardia, ancora montagne, ancora Alpi. Sembrano non finire mai.
Mentre sono qui fermo a scattare foto, arrivano altri escursionisti, ai quali scatto una foto ricordo davanti alla croce dell'Ebro, poi mi incammino dietro a loro per tornare verso casa.
Al ritorno decido di seguire la linea di cresta fino al Panà, per poi tagliare sul versante della val Curone e scendere fino al bivio del sentiero 106, attraverso il quale tornerò a Caldirola. Durante il tragitto incontro tantissimi escursionisti, chi con le ciaspole, chi con gli sci, chi con i semplici scarponi, e mi rendo conto che l'amore per la montagna è davvero infinito. L'amore per la mia, montagna.
E pensare che c'era chi voleva costruire strade e torri eoliche, qui sopra....vabè, non pensiamoci.
Torno spedito verso casa. A San Biagio c'è la tavola delle feste che mi aspetta, non posso permettermi di fare tardi. E stasera c'è il tradizionale ballo con i pifferi: meno male che non so ballare, altrimenti non potrei nemmeno permettermi di aver male alle gambe.

Giudizio: che fatica camminare nella neve! Nella neve alta come quella che ho trovato dopo il Rifugio Orsi, nella salita all'Ebro, soprattutto. Però ho fatto una buona parte di sentiero senza le ciaspole, perché comunque nella neve battuta si procede bene. La salita all'Ebro è normalmente piuttosto faticosa, figurarsi con le ciaspole. Però mantenendo un'andatura costante non si incontrano problemi particolari.
In cresta, le temperature dei giorni scorsi e il forte vento hanno spazzato buona parte della neve, tanto che su alcune vette si intravede quasi l'erba, mentre tra un monte e l'altro ci sono dei grandi accumuli. Sicuramente la scorsa settimana il manto era più uniforme. Non c'è fatica che tenga, però, se rapportata allo spettacolo che ho potuto ammirare dalla cima dell'Ebro, una delle più alte dell'appennino delle quattro province.
Un problema c'è, a dire il vero, sapete? Non solo non mi sono fatto benedire la gola, ma con tutto il vento gelido che ho preso sull'Ebro, passerò una settimana buona senza un filo di voce.
La vendetta di San Biagio.....































































































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