domenica 24 febbraio 2013

Aspettando "la fiocca"



Questa settimana i siti di previsioni meteo sono stati i più visitati in assoluto sul mio computer. Non si capiva cosa sarebbe successo: di certo c'era solo che avrebbe nevicato nel fine settimana. Si, ma quando? Sabato? Sabato sera? Domenica? Sempre?? Io devo camminare.
Mah, non ci capivo niente. E intanto l'ansia cresceva, cresceva. Mi è capitato, a volte, di sentirmi a disagio in città, a lavoro, ma mai come in questa settimana. Mi sentivo fuori posto. "Ma cosa ci sto a fare qui? Io vorrei essere là sopra". Mi sentivo il petto come schiacciato in una pressa.
Ansia.
Ci sono cose che non si possono risolvere, se non con una buona camminata sui monti, dal mio punto di vista. Come quando qualche anno fa la ragazza mi ha lasciato: la prima cosa che ho fatto (anzi la seconda: la prima è stata bere una birra) è stata mettere gli scarponi e partire per il sentiero che porta in cresta, da solo.
Ho pensato, ho rimuginato, mi sono incazzato, ho sorriso, ho guardato il panorama. Quando sono tornato, avevo riordinato tutto nella mia testa. La montagna ha questo straordinario potere nei miei confronti, quello di risolvere tutto il risolvibile. "E per l'irrisolvibile?", direte voi. Per l'irrisolvibile non perdiamo neanche tempo, tanto non si risolve. Deglutiamo e mandiamo giù.

Questa mia ansia andava calmata con un giro sui monti, quindi. Quando al venerdì sera sono tornato a casa, in montagna, mentre facevo le ultime curve con la macchina respiravo già meglio. La morsa che mi stringeva il petto si stava allentando, mi immaginavo già all'indomani quando mi sarei infilato le ciaspole.
Anche se Lei domani non potrà farmi compagnia, peccato. Niente compagnia, niente risate, niente vino, niente focaccia. Moriremo tutti, sigh. Proprio adesso che avevo bisogno di ridere!
In settimana mi è capitato di riguardare le foto che abbiamo fatto insieme e di ritrovarmi a sorridere, quasi come se fossimo ancora là sopra. Che serenità mi trasmette. Credo che sia "una di quelle persone che si incontrano quando la vita decide di farti un regalo", per dirla con Dickens. Se glielo dicessi di persona riderebbe dall'imbarazzo, e siccome non voglio metterla in imbarazzo, glielo lascerò leggere. Sceglierà Lei il modo in cui farmela pagare, poi.

Dormiamo, che è meglio. Domani guarderò il tempo e deciderò che fare.

Il risveglio è traumatico, fa un freddo becco. Fa così freddo che anche il tempo impiegato per riprendere conoscenza ed entrare in simbiosi con il mondo è dimezzato: mi lavo, mi vesto velocissimo, mangio qualcosa. Ho già visto che fuori il tempo tiene, quindi non mi resta che mettere gli scarponi e le ciaspole. Anzi sapete che vi dico? Le frego le ciaspole. Che poi sono le mie, ma sono quelle che di solito lascio a lei. Sono quelle per le persone "un po' più magre" e sono anche belle leggere, me ne accorgo subito dai primi passi che faccio, alla Colonia di Caldirola, in direzione del Rifugio Orsi.
Oggi si fa una camminata non troppo lunga, visto che voglio tornare per pranzo, ma cercherò di fare comunque un buon chilometraggio, per tenere le gambe in allenamento. Il sentiero numero 106 è battuto, ma la neve caduta pochi giorni fa lo ha come nascosto sotto a un velo di zucchero. Però si cammina che è uno spettacolo, la neve è morbida, non si scivola e non si sprofonda. Ripensando alle prime ciaspolate che avevo fatto non mi sembra quasi vero poter camminare così bene senza fatica.
Dietro di me sono partiti due ragazzi carichi di zaini, chissà dove andranno. Li ho salutati e mi sono incamminato davanti a loro, ma so che certamente mi raggiungeranno e mi supereranno, impegnato come sarò a fermarmi a fotografare.
Sì, fotografare, perché il sentiero che faccio è sempre lo stesso delle ultime ciaspolate, ma ogni giornata è sempre profondamente diversa dalle altre, fosse anche solo per il colore del cielo, per la forma delle nuvole, per la quantità di luce che filtra tra i tronchi degli alberi.

Oggi abbiamo una bella novità: la neve sulle piante. Non è ancora scesa, segno che ne sta per arrivare dell'altra. E infatti non faccio neanche in tempo a pensarlo che inizia a venir giù qualcosa, spinto dal vento. Però è uno spettacolo, il paesaggio sembra di ghiaccio. I colori predominanti, per oggi, sono il bianco e il grigio, un po' tristi, ma comunque meritano di essere ammirati nelle loro infinite combinazioni.
Mentre cammino, respiro profondamente e sento che l'ansia se ne va. Mi sento a casa, e non c'è cosa più bella di sentirsi a casa, al sicuro, quando si avverte un po' di inquietudine.
Me la prendo comoda, mi fermo a guardare, a fotografare, poi decido di aumentare un po' l'andatura e recupero il tempo perso, intanto le gambe oggi girano bene. Chissà, sarà davvero merito delle ciaspole più leggere? Quasi quasi in settimana vado a prenderne un altro paio.
Cammino e penso, penso a tante cose. C'è un traffico nella mia testa che sembra di essere sulla Tiburtina all'ora di punta. Inizio a pensare a qualcosa, poi interrompo di colpo per passare ad altro, poi mi distraggo per un qualche motivo e non ricordo più a cosa stavo pensando. Devo imparare a pensare in modo meno disordinato.
Quando arrivo al cancello sul versante del Panà, sento dietro di me le voci dei due ragazzi che ho incontrato alla partenza, che si avvicinano e mi superano mentre io mi fermo a sistemare le ciaspole. Scatto qualche foto prima di rimettermi in cammino, il cielo è grigio e contrasta con gli alberi carichi di neve e piegati dal vento, mentre un po' di nebbia sta salendo dal torrente Curone verso le Stalle di Salogni, proprio di fronte a me.

La nevicata inizia a diventare più insistente, il vento trascina i fiocchi, ora un po' più grandi, in ogni direzione, mentre io proseguo sul sentiero in direzione del Rifugio. Più avanzo, più il paesaggio è pietrificato e bello da ammirare, anche se sta iniziando a scendere un po' di foschia che inizia a nascondere alla vista gli angoli più interessanti delle montagne.
Poco prima della fontana che si incontra sul sentiero, la mia attenzione viene attirata da un rumore sordo proveniente da poco più in alto, con un po' di neve che mi rotola sui piedi e la vista di un qualcosa che scappa tra i rovi, forse un cinghiale? "Meno male che non viene verso di me", penso, visto che non ho mai avuto il piacere di incontrarlo a quattrocchi, se non in un piatto con molta polenta accanto.
Alla fontana non bevo, vado oltre e in poco tempo raggiungo in discesa il pratone che annuncia l'arrivo al Rifugio. Al Rifugio Orsi le finestre sono aperte, ma non vola una mosca, non capisco se c'è qualcuno oppure no, così passo oltre. Solo uno scialpinista che mi saluta con un cenno mentre si allontana. Che fare?
Ho pensato di lasciare il sentiero 106 per prendere il numero 114, che dal Rifugio mi condurrà in poco meno di mezz'ora sul Monte Panà, così aggiro la staccionata del Rifugio, ormai sommersa di neve e quasi invisibile e salgo sul retro della costruzione, per uno stretto sentierino che mi porta prima in un prato stracolmo di neve e poi sale attraverso una stretta stradina che si riconosce appena appena, tracciata nella neve.
Mentre salgo, sulla mia sinistra noto l'inconfondibile "faccione" abilmente disegnato in un tronco da qualcuno che ha pensato di allietare il passaggio degli escursionisti. La neve che si è fermata sul tronco gli ha fatto i capelli e la barba bianca, neanche a farlo apposta. Anche la neve ha gusto quando cade.

Il sentierino è stretto e si riconosce a stento, ma in breve mi conduce fuori dal bosco, nel tratto che separa il Monte Panà dalla salita al Monte Cosfrone. L'arrivo in cresta è preannunciato dal fischio del vento, che mi lascia intendere già da ora che là sopra non ci potrò stare tanto, a meno che non voglia morire di freddo.
Nevica sempre più forte, il vento - fortissimo e gelido - spinge la neve in orizzontale dritta nei miei occhi, non riesco quasi più a tenerli aperti. La cuffia mi si ghiaccia all'istante, è come avere la testa in una campana di vetro. Arrivato in cresta, faccio appena in tempo a notare con la coda dell'occhio due escursionisti con un cane che stanno salendo dal sentierino che conduce a Pobbio, ma scompaiono in fretta, forse spaventati dal terribile vento. Io ho freddo, ma già che sono qui vorrei approfittarne per qualche foto, visto che sui paletti della staccionata la neve e il vento hanno creato delle sculture degne dei migliori artisti. Scatto le foto, mentre delle improvvise folate di vento alzano la neve creando un effetto-nebbia che quasi mi impedisce di capire dove mi trovo, così inizio a dirigermi verso la cima del Panà, sperando di poter trovare un riparo da questo fastidiosissimo vento. Mentre cammino registro un filmato, per immortalare questa situazione "artica". Il cielo è sempre più grigio cenere e le cime dei monti più alti sono coperte dalla nebbia che sta scendendo sempre di più, fino quasi a scontrarsi con la foschia che sta salendo dalla val Borbera e che ha già coperto tutto il Monte Giarolo. Raggiungo velocemente la cima del Panà e inizio la discesa verso Caldirola, trovando dopo poco un posto riparato dove potermi fermare per qualche minuto.


Che pace, non mi sembra vero che solo pochi metri più in alto quasi non si possa respirare. Ho la barba con i ghiaccioli attaccati. Mi tolgo i guanti e frugo nello zaino, dove tiro fuori il cioccolato che è rimasto dalla camminata della settimana scorsa con Lei, e mentre lo mangio mi faccio un autoscatto che le invierò, giusto per farle venire un po' di invidia per non essere potuta venire, visto che al cioccolato non potrebbe mai rinunciare. Un sorso d'acqua (oggi camminata salutare, bbrrrr) e si riparte, in discesa, cercando di non scivolare, fino ai piedi del Panà. Mentre scendo, intravedo i tetti bianchi delle case di Caldirola fare capolino tra le folate di nebbia che passano sospinte dal vento.
Poi via, verso le piste da sci, oggi ancora aperte ma presumo non molto trafficate, viste le situazioni meteo. Ora sta nevicando abbastanza, c'è nebbia, e non dovrei rompere le scatole a nessuno sciatore scendendo di lì. Quanta neve si incontra scendendo! Sto camminando su uno strato così alto che nasconde tutta la staccionata che separa le proprietà sul crinale. Gli alberi sembrano pietrificati, con i loro rami avvolti di neve e ghiaccio. Alcuni non ce l'hanno fatta e sono spezzati, a terra. Altri sembrano ricamati a mano.
Scendendo incontro uno sciatore solitario, e poco altro. Mi faccio le piste più lunghe, quelle che di solito evito. Oggi ho tempo e ne approfitto per fare qualche foto in più, visto che il paesaggio è vestito a festa. Non capita sempre di vederlo così.

Arrivo alla macchina, coperta di neve. Temperatura -4,5°. Mi stacco il ghiaccio dalla barba, lanciando maledizioni per il male, poi via le ciaspole e salgo in macchina. Mentre torno a casa, ripenso soddisfatto al giro che ho fatto, un buon allenamento per oggi, e l'ansia degli scorsi giorni appare solo come un ricordo, adesso.
Forse è stato meglio che Lei non sia venuta. Il tempo era brutto, ha cominciato presto a nevicare. E poi tutto quel vento, la nebbia...non so dove ci saremmo potuti fermare a fare la nostra consueta "siesta" pomeridiana. Per questa volta è andata bene così, dai, glielo dirò che si è risparmiata del gran freddo. Inizio però già da ora a sperare che la prossima settimana ci si possa vedere. Sono pieno di voglia di ridere, e solo Lei riesce a tirarmela tutta fuori.
Entro in casa, i vetri delle finestre sono appannati e il calore della stufa mi avvolge con una vampata. Sul fornello, la polenta è quasi pronta. Oggi sarà bello, da quel divano, guardare fuori la neve cadere.


L'itinerario in breve: 
Partenza: Caldirola, Colonia Provinciale
Tappe intermedie: Rifugio Orsi
Arrivo: Monte Panà (mt. 1559)
Lunghezza del percorso (a/r): oltre 6,5 km (Clicca qui per l'itinerario della ciaspolata)
Tempo di percorrenza (a/r): 3 h. circa























































































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